NEW CANDYS  "Bleeding magenta"
   (2017 )

Che soddisfazione, quando un disco esordisce così. Un 4/4 dritto in faccia, basso rotondissimo, frase di chitarra effettata q.b., quattro giri a vuoto. Poi entra la voce, nascosta dietro al resto, quasi i Nothing e gli A Place To Bury Strangers ad un banchetto di demoni. Pura ebbrezza cercare - con successo – di canticchiare “Grass grows greener/on the other side” nell’incipit di “Excess”; ma tutto “Bleeding Magenta”, pubblicato per la britannica Fuzz Club, terzo album in cinque anni per il quartetto dei New Candys, veneziani con passaporto e vocazione ben poco italici, è un meraviglioso ritorno a suoni, atmosfere e nebbie – brumose, sulfuree - d’antan. Per le nuove generazioni che ignorano sia i fratelli Reid che mr. Eldritch, “Bleeding Magenta” potrebbe rappresentare un’incantevole novelty da sciorinare con ostentata affettazione ed un pizzico di elitaria alterigia presso i coetanei; ma per chi, come me, ha già ben valicato la quarantina, le undici tracce claustrofobiche che lo compongono rinverdiscono oscure gioie passate con una rispettosa fedeltà al mito ed un didascalico – mai calligrafico – debito d’onore. In un dedalo di bassi slabbrati e di psichedelia vieux-temps dilatata e lisergica, sfilano in caliginosa penombra undici tracce ammantate da un’aura mefistofelica. Il ribollire percussivo di “Mercenary”, tra deflagrazioni e pause, preda di reiterati spasmi trattenuti e zoppicanti rilasci di tensione; la voce di Julia Hammer che in “Sermon” stende su un letto di sitar un’aria stralunata memore dei Mazzy Star come dei Mission; la cadenza squadrata di “Tempera”, con la chitarra che evoca la sinistra introversione di Carl McCoy: tutto è buio, fumoso, inafferrabile, qualcosa tra shoegaze, gothic-rock e dark-wave, pulsante ed incalzante, ossessivo e metronomico, martellante come una litania pagana. E’ un sabba ovattato che si infila nei dodici minuti di “The Outrogeous Wedding”, mini-suite tripartita che procede per rimbombi catacombali, echi, voci schermate, riverberi, un manifesto di ossianica introversione che collassa in una nebulosa impenetrabile. Album rispettosamente edificato sulla torva declinazione di antiche lezioni, “Bleeding Magenta” è pervaso da una poetica sottile e crepuscolare, patina ancestrale che ne riveste con garbo l’invocazione alla tenebra. Un delizioso tuffo al cuore, ricordo vivido e persistente di una melanconia mai sopita. Commosso, ringrazio. (Manuel Maverna)