BUSHI  "Bushi"
   (2017 )

Il debut album del progetto Bushi – ideato da Alessandro Vagnoni, responsabile di testi, musiche e del concept grafico-lirico – si ispira all’epoca dei samurai e dipinge un affresco rock aggressivo e violento fatto però di scelte melodiche e di arrangiamento estremamente ricercate e pulite, sonorità adatte al periodo storico preso in considerazione dal gruppo, fatto di valori spesso in opposizione tra loro come onore e disonore, violenza e raffinatezza, crudeltà e pietà.

Il trio Bushi, formato da tre musicisti già molto attivi nella scena musicale italiana come Alessandro Vagnoni, Davide Scode e Matteo Sideri, mostra già dal primo pezzo una attitudine esperta e sicura nel condurre il disco nella direzione che a loro interessa. Esperienza, come detto, ma anche tanta energia e voglia di mettersi in gioco, in virtù di un’alchimia che sembra unire i loro intenti e i loro strumenti in maniera estremamente convincente. “Rolling Heads” scarica subito elettricità intorno, grazie anche a un trattamento di chitarre, batteria e voci molto tagliente, e la successiva “The Cherry Tree” segue la medesima linea incrociandosi con una melodia pop raffinata e una chitarra leggermente meno chiassosa. Il disco si mantiene su livelli alti anche nelle tracce successive: “A Well-Aimed Blow of Naginata” richiama di nuovo l’immaginario samurai, e si trasforma ben presto in una canzone corale e festosa, dal sapore ironico e giovanile, dove spicca soprattutto la scelta di dare peso e sostanza alle voci sopra una chitarra piena di effetto. “Runaway Horses” è uno degli episodi più cupi del disco, sorretta da un ritmo forsennato e caratterizzata da una serie di richiami vocali che mescolano passaggi urlati a momenti sussurrati.

Il disco non concede pause. “The Books of Five Rings” riporta il clima distorto e punk di inizio album, dove le batterie esplodono e le chitarre rincorrono una voce sempre molto carica. “Typhoons” inizia lentamente per poi scatenare al meglio i power chords delle chitarre e le tempeste elettriche che crea fondendosi con batteria, basso e voce. Alla linea melodica che la voce sorregge se ne rintracciano altre, sotterranee e nascoste, dal forte impatto emozionale. “Hidden in Leaves” ha una autorevolezza spietata, e sembra far rimbalzare tra le sue note tutte le filosofie e tutti i valori dei samurai. La conclusione dell’ottimo disco spetta a “Death Poems”, un altro esempio di come i Bushi riescano a fondere punk e discendenze metal rispettando sempre il messaggio che hanno intenzione di portare e le influenze grazie alle quali si sono formati e sono cresciuti. Il risultato è una visione coerente e non idealizzata di un mondo, quello dei samurai, pieno di splendori ma anche di cadute, e la musica ne rispecchia perfettamente la grandezza. (Samuele Conficoni)