SARAH STRIDE "Schianto"
(2017 )
Ecco un illuminante esempio di come si possa far fluire l’arte, in continua trasformazione, senza l’assillo di dover compiacere ad ogni costo. La milanese Sarah Stride ha senz’altro raggiunto la sua finalità con i 4 pezzi di “Schianto”, poiché quello che sentirete in questo e.p. si distacca da ogni catalogazione di stile. Ma, per riuscire in cosi brillanti risultati, occorre far morire tante convinzioni fin qui maturate ed appoggiare l’orecchio sul fluire di una nuova coscienza senza forzature, affinchè non ostacoli il processo compositivo. Le trame, messe in atto da Sarah, sono di quelle che lasciano piacevolmente impressionati, in quanto si avverte quanto abbia raschiato il suo ego per liberare al meglio il suo “Daimon” (tramandato dai Greci), ossia quella presenza incorporea da far fluire liberamente, che riporti tutto nel giusto equilibrio per acquisire maggior pace con sé stessi. Testi scritti magistralmente a quattro mani con Simona Angioni, sicuramente una “dream-buster” come Sarah, capace di elaborare sentieri immaginifici ed “acchiappare-sogni”, spuntandoli da orpelli e banalità per puntare sùbito al centro del bersaglio. Anche la musica è uno “Schianto” di effetti estranianti, con inizio cupo ed inquietante, ma che vira presto d’impatto su ossature più accessibili, benché infarcite d’elettronica. “I barbari”, col piano per nulla rassicurante, t’investe in lugubri contesti dark-wave per deflagare nell’incipit ossessivo e tetro. L’apertura di “Il figlio di Giove” piacerebbe ai Cure ma l’identità del pezzo sviluppa, quasi sùbito, un bell’impasto occulto, tra il doom ed il gothic, con drammatico incedere decadente. Invece, il “Magasentimento” non è solo quello di stima che si nutre verso questo lavoro ma anche per la traccia conclusiva che è, indubbiamente, la più fruibile e di chiaro stampo dark-pop, con alcuni tratti canori che soffiano sulle vele di Antonella Ruggiero di “Vacanze romane”: ma Sara è sagace e scaltra per non banalizzarla e sa inserire personalissime varianti di fuga per non alimentare troppi sospetti d’emulazione. I quattro brani sono un anticipo del nuovo lavoro, in cui già tira aria di “concept-album” poiché l’artista, nelle liriche, metaforizza i barbari, gli alieni e tutti i mostri della psiche che l’umanità, piuttosto che tentare di allearsi con loro, preferisce spesso rimuovere, e quindi la tematica sarà, probabilmente, estesa sulla lunga distanza. Alla produzione di “Schianto” c’è lo zampino di Kole Laca e Manuele Fusaroli, strategici “deux ex machina” per generare una proposta cosi spiazzante ma calzata a pennello per Sarah, nella quale tutto suona bene e nulla… Stride . (Max Casali)