LE JARDIN DES BRUITS  "Assoluzione"
   (2017 )

Spoglio e disadorno nelle sue molte asperità, “Assoluzione” è un lavoro oscuro ed intenso che ribadisce una volta di più la cifra stilistica di Tony Vivona e Simone Tilli, mille passate esperienze riunite oggi sotto la sigla Le Jardin Des Bruits, progetto attivo fin dal 2010. Album ostentatamente indie nella formula musicale ma non altrettanto spregiudicato nella verve espressiva, “Assoluzione” ben si divincola fra le molte trappole di una formula rituale che sgomita alla ricerca di una precisa identità, a partire dalla dichiarazione di intenti di una “Ovunque e Comunque” nervosa e singhiozzante fino al passo zoppicante di “Salvami” o alle contorsioni vagamente agnelliane di “Wrongsong”. La tematica religiosa – riletta dal punto di vista di un ateo – pervade buona parte dell’album, troneggiando nell’amara ballad à la Sacri Cuori di “Gesù di Maggio” ed aggiungendo un’aura di incupito esistenzialismo ad una già opprimente tetraggine di fondo; il clima plumbeo trova provvidenziale requie nella intima e raccolta “Impressioni di Novembre”, nello strumentale sospeso de “Les Jardin Des Bruits”, nella morbidezza psichedelica di “Scatola Di Stelle”, arricchita da un ampio chorus arioso con archi melanconici e sentori 80’s. Di veleno ce n’è ancora parecchio, nella ruvida title-track, figlia e prigioniera di Pierpaolo Capovilla, o nella bordata frenetica di “Mentre Fuori Il Giorno Muore”, scossa da un’elettricità disturbata. Rimane la chiusa dimessa di una “Come Sempre” che conferma, forse, il reale territorio di elezione del duo: è nelle ballate dall’andamento più indolente che sembrano dispiegare al meglio un talento talvolta ancora racchiuso nel guscio di un manierismo da sovvertire. “Assoluzione” viaggia lungi dal sorprendere, ma si dimostra interessante per il coraggio, l’intelligenza e la sfrontatezza con cui affronta argomenti spinosi dall’alto di una caratura artistica comunque innegabile. (Manuel Maverna)