AB BAARS & TERRIE EX  "Shifting sands"
   (2017 )

Ehm, ok, allora... Avete presente quando, parlando di Picasso, si tirano in ballo i quadri "normali" per "giustificarlo" e dimostrare che anche lui sapeva dipingere? (Come se "Guernica" andasse giustificato...). Ecco, per capire cosa c'è dentro questo album bisogna prima specificare che Ab Baars e Terrie Ex sanno suonare. E aiuta aver ascoltato qualcosa prima, specie guardare le loro performance dal vivo. Ab Baars è un sassofonista, che suona anche clarinetto e shakuhachi. Dal vivo in formazioni di trio o duo, ma anche da solo, si occupa di free jazz. Improvvisazione pura senza dettami né armonici, melodici, né ritmici. Pura espressione, però comunque di stampo jazz. Terrie Ex è più estremo. E' chitarrista, ma è raro vederlo suonare un accordo a meno che non sia una dissonanza: egli utilizza la chitarra come una percussione, si serve spesso di cacciaviti e bicchieri al posto del plettro, o sbatte sulle corde con la mano, esibendosi in una caratteristica posa scimmiesca, con la tracolla bassissima e la schiena ricurva. Questi due energumeni si conoscono ma si incontrano per registrare dopo 16 anni di esperienze divise: scontro fra titani! L'album "Shifting Sands" propone dieci... canzoni, tracce, esperienze, chiamatele come vi sembra meno strano. In "Do up" il sassofono miagola, mentre la chitarra ringhia senza mai abbaiare. Ad un certo punto il sax sembra più un clacson d'automobile. In "Hern and Haw" i due iniziano a litigare come una coppia, di cui la chitarra è senz'altro l'uomo, con i suoi bassi brontolii graffiati, mentre il fiato è la donna, con i suoi acuti isterici. "Blow hot and cold" sono soffici soffi di shakuhachi e tremolii stoppati sulla chitarra, Ex strofina le corde di lato dando una ''piacevole'' sensazione come di unghia che graffia la lavagna. In "Bottom out" Ex predilige stare sugli armonici e usare a fondo lo slide, a meno che non stia abusando della leva. Il sassofono trilla come uno squillo di telefono. "Yo-yo", coerentemente col titolo, è un botta e risposta tra i due strumenti, almeno all'inizio. Poi il sax decide di trasformarsi in una radiosveglia e incantarsi come un allarme che non si può spegnere. In "About-face" Baars esegue timide note di shakuhachi, incoraggiate da Terrie che fa delle velocissime semibiscrome tipo Malmsteen... scherzo, in realtà fa dei tintinnii rapidi che paiono un motorino d'avviamento ingolfato. In "Flip-Flop"... no ragazzi, devo continuare davvero? La sensazione che si ha, nonostante l'indubbia capacità espressiva dei due artisti, è che ci stiano esplicitamente prendendo in giro. Portano il free jazz alle estreme conseguenze, tali da sembrarne una parodia. Sarebbe ipocrita non ammettere che in più momenti si scoppia a ridere, e forse è una cosa voluta e liberatoria: in un live si vede Baars che, nella sua improvvisazione solista, sceglie di ripetere soprattutto acutissimi penetranti. Nel video si sente che il pubblico chiacchierava rumorosamente, alla faccia che sono solo gli italiani a comportarsi male! E probabilmente con quel suono stridulo Ab cercava di ottenere il silenzio, che raggiunge solo dopo cinque estenuanti minuti. Evidentemente l'ambiente circostante influenza la direzione dell'improvvisazione. E allora forse, nella calma asettica dello studio di registrazione, Baars ed Ex si sono divertiti come dei bambini a imitare versi di animali, incidendo così anche l'autoironia tradotta in musica. In "Transmogrify" la chitarra esegue dei grugniti da maiale, è ormai trascesa a generatore di rumori ambientali, e il fiato soffia forte facendo percepire più l'aria nel tubo che le note; alla fine uno dei due imita dei latrati di cane, ma alla fine non si distingue più chi fa cosa. In "Waffle" il clarinetto verso la fine ci concede un'improvvisazione melodica, e nell'ultimo pezzo la chitarra inizia con, attenzione, rullo di tamburi: una ritmica! Costante, che cresce e cala di dinamica, e musicalmente riconoscibile. Il titolo di questo pezzo è infatti: "Zij toch raar?" che in olandese significa qualcosa simile a: "Ti sembra strano?". I puristi del free jazz non temano, il ritmo dura poco e si torna di nuovo alle improvvisazioni totali. Non è un lavoro facile da sopportare, questo "Shifting Sands", però una volta appreso lo spirito giocherellone dalle esibizioni dal vivo, e la spontanea sensibilità primitiva verso gli strumenti, ci si può aprire all'anarchia amusicale. (Gilberto Ongaro)