CABOTO "Hey Caboto"
(2017 )
"Povero Caboto, salpato con la nave, sbarcato dopo il viaggio e il viaggio è andato male". Sebastiano Caboto, navigatore italiano di Chioggia, tentò di raggiungere il Perù ma si fermò in Argentina. Caboto invece è un cantautore che esordisce con l'album "Hey Caboto", un lavoro pop molto leggero e spensierato nonostante qualche punta malinconica nei testi. I suoi viaggi sono più terrestri rispetti a quelli dell'omonimo esploratore, e partono dalla casa nei primi due brani "Casa casetta" e "Non una parola". Il primo è un blues rock in shuffle che racconta il trasloco in una casa in affitto nel nord (gradevoli i cori che valorizzano le parole "sud" e "nord"), e afferma di cercare una casa da chiamare casetta, attribuendogli cioè l'affetto che gli inglesi danno a casa propria, distinguendo house da home. Il secondo è un pop con un interessante sequenza di accordi nelle strofe, dove il trasloco è osservato dal vicino di casa che non ha il coraggio di andare a salutare. "Guardo gli operai che montano gli armadi, quante viti in tutta la vita". Carina osservazione esistenziale quella delle viti, infatti il pezzo successivo è "Romanzo esistenziale", dalla serenità iniziale si passa ad analizzare e fare bilanci della propria frenetica vita: "Non ho tempo per riflettere, non ho nessuna volontà". Quando cambia tonalità ed il canto va in falsetto, l'intenzione generale ricorda un po' il Lucio Battisti di "Ancora tu" ma la voce e l'andamento melodico nel complesso dell'album, così come la spiritosaggine espressa, sono figli di Ivan Graziani. La grazianità è rimarcata nella titletrack "Hey Caboto", dove il "diavolo reietto che con il buio pesto suona ancora" suona un rock che finisce con un assolo che presenta delle terzine dal sapore avventuroso. La ballata anni '60 "E nebbia ho nel cuor" è un'altra delle canzoni più malinconiche e nostalgiche, con archi di tastiera molto presenti e ancora una volta la melodia cantata in primo piano, e tanta solitudine: "Che incompetenza questa esistenza che ci separa senza sapere [acuta allitterazione]", "un sasso nel muro di cinta di quest'aria finta che ci protegge, che ci isola". "Gelo siberiano" invece è un pop swing dolceamaro che se la prende col maltempo ("vacci piano, nebbia surreale"). "Confine su confine" è una marcetta pianistica, un po' come "Bartali" di Paolo Conte senza zazzarazzàz e con l'aggiunta di una spruzzata di elettronica; il testo mostra un po' il guizzo orgoglioso del cantautore verso i detrattori, e gli auguriamo gli porti fortuna ("ci riconoscerai quando pompa l'hi-fi"). "Vintage" presenta la melodia più forte, che racconta un ritorno di fiamma paragonato agli oggetti dei mercatini vintage e al ritorno delle mode passate, e ci ricorda che "sarà il 2020 in un momento". Vintage sono anche l'organo hammond e il piano elettrico scelti per il pezzo. L'album si conclude con "Piccola (famelica) zanzara", una breve bossa nova acustica surreale dove una zanzara ruba il cuore al protagonista, una "divertente criminale messa in atto magistrale". Un esordio simpatico per Caboto, che si presenta come un cantautore amichevole capace di far tornare il sorriso in una giornata grigia. (Gilberto Ongaro)