ROX DI LEO & FRANK LA CAPRA  "Overboard"
   (2017 )

All’insegna di un jazz lieve che flirta con la contemporanea ed il neoclassicismo, ma anche – perchè no? – con una paradossale declinazione dotta della musica popolare, “Overboard” è il nuovo capitolo nel percorso artistico del pianista Rox Di Leo e del contrabbassista Frank La Capra (cui si aggiunge la determinante collaborazione del batterista Pasquale Fiore), un lavoro che propone dieci tracce strumentali affidate ad un incessante flusso armonico capace di miscelare con gusto pezzi originali ed elaborate riproposizioni di brani classici. Non mancano riletture che ammiccano ad una spendibile fruibilità, prima fra tutte una interessante cover - dall’incipit in stile piano-bar - dell’immortale “Azzurro” di Paolo Conte, episodi che mostrano la preziosa filigrana di una musica sì eminentemente colta ed elitaria, ma ben disposta a patteggiare ad ampio spettro, concedendo di sé anche aspetti di più trasparente comunicatività. Aperto da una rivistazione quasi metafisica della “Golden Lady” di Stevie Wonder, e nobilitato dalle suggestioni à la Lyle Mays di “Ostinato”, “Overboard” si innalza statuario sull’immarcescibile “Three views of a secret”, resa celebre da Jaco Pastorius e qui, per l’occasione, velocizzata e trasposta su atmosfere sudamericaneggianti. Meno virtuosistica dell’originale è la “Lament for Linus” del Brad Mehldau Trio, qui proposta in una raffigurazione rallentata e rarefatta; nervosetta e ondivaga la rilettura dello standard “You and the night and the music”, asciutta la “Dienda” di Kenny Kirkland, alla quale manca soltanto il sax soprano di Brandford Marsalis per sfiorare la perfezione, ubriacante l’incalzare di una “Mezza parola” che gigioneggia su uno swing à la Asternovas (sic!) scherzando con la massima leggerezza concessasi in dote. Mesta e sfuggente è infine l’aria melanconica di “Come fosse magia”, presente in due versioni similari, la seconda delle quali caratterizzata da un’indole più crepuscolare ed intima, forse l’episodio migliore fra le non poche perle di un album che sa avvicinare mondi lontanissimi con inusitata grazia. (Manuel Maverna)