CRANCHI  "Spiegazioni improbabili"
   (2017 )

Si chiama "Spiegazioni improbabili" il quarto lavoro del cantautore Cranchi, con la sua Cranchi Band, composto di 6 brani di stampo cantautorale classico, più un settimo brano di chiusura che segue l'attuale tendenza al pop elettronico che assomiglia a quello del Bugo degli ultimi anni. Anche la voce di Cranchi assomiglia un po' a quella del ''Beck delle risaie'', ma la scrittura dei testi intimisti, che abbondano di ricercatezza lessicale (mista a parolacce...), rievoca molto più spesso l'umore malinconico e la velocità verbosa di Francesco Guccini. Anche una forma retorica molto cara a Guccini compare nel primo brano "Spiegazioni improbabili sul metodo", e cioè la ripetizione dell'ultimo verso delle strofe, che ne rimarca l'importanza: "Salutai per sempre mia madre e il suo sergente, mia madre e il suo sergente". Questo brano d'apertura, che è anche insolitamente lungo (6 minuti), è un racconto appassionato di episodi autobiografici, che attraversa il vagabondaggio del cantastorie che viene preso a calci da un pubblico di strafatti, l'incontro di personaggi misteriosi come Mani di Corano, e di viaggi verso la Francia ("puntai le mie tomaie sporche a ponente"). La melodia è molto dolce, e indora l'amarezza dei ricordi rievocati, mentre una chitarra acustica reitera un tema d'accompagnamento sopra gli accordi. Il gusto per l'invettiva si fa più forte in "Ferrara", brano dedicato a questa città che il cantautore afferma di odiare, per una serie di motivi che elenca, e nonostante l'avversione dichiarata ci accompagna nella visione dei duomo "troppo bianco", di quello "strano castello fatto di cartone", del porfido sotto i piedi, i palazzi in cotto e lo sguardo un po' incazzato di Borso d'Este. L'avversione per la città probabilmente è una reazione di sfogo alla fine di una storia con una ferrarese ("figurati che adesso piove, e ho buttato un amore"). Anche qui c'è un rimando al Maestrone modenese: quando Cranchi invidia i musici e gli artisti "che si vendono per strada", è troppo forte il rimando ai "colleghi cantautori, eletta schiera che si vende alla sera per un po' di milioni". "Malabrocca" invece è dedicato al ciclista che portava tale nome, vincitore per due anni di fila della maglia nera, cioè dell'ultimo posto; se state pensando al Bartali di Paolo Conte, sappiate che viene, infatti, citato ("che t'importa di Bartali in fuga"), e la musica, che finora era abbastanza distesa, qui si fa un po' più movimentata con un tempo in levare. "Anna" è dedicata alla figura di Bertha Pappenheim, dove Cranchi duetta con la voce di Valentina Curti a ritmo di una delicata ballata. "Cinque mesi" è un'altra canzone d'amore molto amara, dove il desiderio supera la razionalità ("se per trovarti poi dovrò morire non importa, questa notte non ho niente di meglio da fare"). Uno sfondo rustico e accogliente è dato dagli elementi del pane, del vino e del legno. "L'amore è un treno" invece è una corsa con tromba come quelle di Vinicio Capossela, dove si narra che un treno deraglia, e che il macchinista è impazzito; per tale tema, il brano si aggrega alla "Locomotiva" di Guccini e ad "Agapito Malteni il ferroviere" di Rino Gaetano. La canzone alterna una corsa... binaria (scusate la freddura) a una ballata che però sembra più un valzer romagnolo. Alla fine il canto nel valzer è cantato anche da un coro di bambini, idea gradevole che riprende di nuovo Rino Gaetano, quando evoca la propria "Rosita" nel finale di "La zappa il tridente il rastrello la forca...". L'ultimo brano, "Fa un caldo che si muore", è quello citato all'inizio, cioè un pop elettronico che sembra provenire da un altro album, totalmente sconnesso dal resto per il genere musicale, ma non per il testo che continua coerentemente coi ricordi di un amore finito e con quel sapore malinconico, seppure condito da un po' d'ironia ("uso il tuo spazzolino per sentire più caldo, per sentirti più vicino"). La capacità di scrittura, fantasiosa nella forma, è ragguardevole e difficile da trovare in giro; per quanto riguarda l'approccio, è probabilmente necessario prendere le distanze dalle orme di Guccini, che spesso si rendono un'ingombrante eredità. Tuttavia l'onestà d'intenti e la genuinità sono evidenti, come anche la forza interpretativa ed espressiva che compensano un po' questa - forse involontaria - emulazione, quindi è probabilmente solo una questione di tempo. Del resto, come dice lo stesso sincero Cranchi in una delle strofe più belle: "smettete di essere figli, e cominciate a fare i padri, ci vuole un po' di disciplina anche per coltivare l'artemisia". (Gilberto Ongaro)