SAFFIR GARLAND  "Le regole sono cambiate "
   (2014 )

Saffir Garland – nome d’arte di Gilberto Ongaro – esordisce nel 2014 con un LP molto interessante, in bilico tra rock satirico, grottesco e ironico, e punk sperimentale, molto energico e ricamato, pieno di particolari notevoli. Gusto del paradosso, emozionalità, schiettezza sono tutte caratteristiche che dominano i dieci brani dell’album.

Il disco, al quale hanno contribuito tantissimi ospiti oltre ai tre membri fissi del gruppo, un trio di qualità e quantità, parte subito forte con la cavalcata ipnotica de “La Casa di Vetro”, che ha un inizio dissacrante, divertito, e viene poi invasa dalla voce potente, cavernosa e forte di Ongaro, e termina in un solo di chitarra bellissimo, che fa ballare e scatenare l’ascoltatore. La ricetta giusta è questa: mai prendersi troppo seriamente ma voler dare un contribuito sincero a ogni piccolo elemento di ciascuna canzone. Nulla è lasciato al caso: si vedano i flauti ne “Il Nesso”, che continua sul “versante ipnotico” dell’album; trama che viene squarciata da momenti più ruvidi nel ritornello e nel finale. La varietà musicale induce a perdersi nel disco, a studiarlo anche nei dettagli più nascosti, e il divertimento che provoca assicura una assoluta mancanza di noia. “Febbre” è il picco ironico, che incrocia la cantata “scazzata” di Freak Antoni e l’andamento rilassato di Elio, e arriva a sfiorare il punk. Notevoli anche i sax e i vocalizzi à la Giovanni Lindo Ferretti. Il disco non concede pause, e il “versante punkettaro” continua con “L’Abito”; la voce distorta di Saffir Garland inizia cantando e finisce sempre di più per parlare, descrivere e mostrare all’ascoltatore; le parole iniziano a confondersi con la parte strumentale in una serie di rincorse folli. L’inizio malinconico di “Goalkeeper” sembra far presagire qualcosa di differente da ciò che realmente ascolteremo, ossia un agitatissimo rock che potrebbe benissimo mandare una discoteca alternative.

Ciascun pezzo è fortemente carico di suoni e motivi, in un horror vacui che non sfigura, anzi: dà sfumature, a volte di gioia a volte di tristezza, ma soprattutto di allegria, e Saffir Garland mostra tutta la sua personalità. “Gioia Triste” – a sottolineare quanto il disco sia intriso di questi ossimori – continua la celebrazione dei CCCP, con una chitarra in levare in primo piano e un cambio improvviso, che dirige il brano verso un’atmosfera Battiato (a proposito: il bel titolo dell’album è un rimando al grande artista siciliano). I momenti corali anticipano una climax finale memorabile. Più introversa “Disoccupato”: suoni alienanti sotto a un testo sempre intelligente – Ongaro canta in modo scanzonato, ma in mezzo a tutto questo dice tantissime verità. “Epifania” è un altro incrocio curioso tra CCCP, Battiato e un timbro, qui, debitrice di Bianconi: atmosfere baustelliane – anche grazie alla voce femminile che interviene all’improvviso, e ai momenti dove le due voci si fondono – danno vita a un panorama audiovisivo molto postmoderno e pieno di citazioni. Fantastica è anche “Musica Giolittiana” (che titolo sublime!): ironia, grottesco, allucinazioni lynchiane su feedback, distorsioni, grida, versi strani. Uno dei momenti più alti dell’album. La conclusione spetta alla più diretta “Siete Contenti Adesso?”, dove il piano da crooner cozza volutamente con la voce da cabaret – Kurt Weill su una base di Sinatra – che punta il dito contro critici troppo seri, pubblico ipocrita, e dà una serie di descrizioni bellissime di sé. E i momenti cabaret si alternano a sfoghi punk decisi.

“Le Regole Sono Cambiate” ha tutti gli ingredienti per essere considerato un’opera ottima all’interno del genere in cui si muove. Divertente, demenziale, variegato e curato, non fa solamente ridere ma anche pensare. Fa pensare moltissimo, e la comicità che fa pensare va preservata, difesa, pubblicizzata. “Questo è un suicidio artistico”, canta ironicamente Garland; ed è un suicidio bellissimo. (Samuele Conficoni)