GIORGIO BARBAROTTA  "L'arcipelago"
   (2017 )

La quotidianità e le situazioni cosiddette normali possono nascondere indizi sui massimi sistemi, e da piccoli dettagli si può arrivare alle domande ultime dell'Uomo. Giorgio Barbarotta è un cantautore che osserva la realtà e la riporta così com'è in musica, nei suoi chiaroscuri, cercando a volte la poesia nei momenti più idilliaci e usando l'invettiva e il sarcasmo dove invece c'è qualche ombra. Trevigiano, nel 2016 ha pubblicato "L'arcipelago", il suo sesto album come solista, dopo quattro Lp della sua band Quarto profilo e alcune collaborazioni in raccolte di artisti vari. Miscela eterogenea di stili piegati in un coerente pop riflessivo, "L'arcipelago" parte dall'amore per arrivare all'amaro. I primi brani sono i più sereni; "In un mondo migliore" dichiara, con i verbi all'infinito, come Giorgio consigli di trovare l'equilibrio nella propria vita, tra leggerezza e impegno, e accompagna queste esortazioni con un riff melodico. In più pezzi c'è un uso ripetuto dell'anafora - la ripetizione di una parola o di una frase significativa - come "Nelle tue mani", "Quei piccolissimi gesti" e "Un'oncia di felicità". Quest'ultima riporta una carrellata di situazioni serene o viste come tali tramite l'occhio poetico, come gli sciami, piccoli reami che volando fanno forme nell'aria; ma tutte queste piccole gioie vengono superate dall'audace ritornello: "Ma è incommensurabile esploderti dentro". Insomma, fare l'amore è sempre la cosa migliore. In Barbarotta è innato anche un forte senso morale ed etico, diffuso in tutti i brani ed anche in questo: "Scaldarsi al fuoco dei principi". La morale, o meglio l'assenza di essa nel mondo, fa arrabbiare il cantautore nel brano di chiusura "Cinica è la sera", lunga filippica che contiene in tono aspro tutto ciò che non va nel mondo di oggi, con uno sguardo sia alle nefandezze etiche che alla fatica degli operai ("la mano dei facchini accusa tendinite"). Tornando al centro della tracklist, ci sono alternati brani contemplativi e pezzi spiritosi. In "I capricci del destino" si cerca il modo di sopravvivere alle difficoltà della propria vita, senza chiudersi però nell'egoismo: "Scavala la tua piccola trincea, ma non dimenticare il delirio che sta fuori". "L'ultima notte dell'anno" è una riflessione forse comune a tutti noi, con i suoi bilanci e i propositi, che poi verranno annichiliti nel brano "In mezzo ci sei tu", descrizione della contemporaneità fatta di guerra, violenza e avvoltoi televisivi, conclusa a sorpresa da un'improvvisazione folle di flauto traverso. I brani spiritosi invece sono "La chimica del corpo", l'unico brano che molla l'ambientazione da cantautore tradizionale per iniziare con una marcia. Qui Barbarotta esplora le reazioni del corpo umano all'esistenza, nei suoi pregi e nelle sue fragilità. "Il mio mecenate" invece se la prende con un ipotetico homme d'affaire che possiede già l'Iphone 9, e ha barca a vela, Moet Chandon e si crede Andy Warhol. La musica si fa un po' più elettrica ed aggressiva, con una chitarra wah wah e un po' di ritmo sincopato. L'impegno è sempre presente anche in "Quaranta gradi celsius", tra una battuta e un'iperbole ("La fronte cola sulla gola") ricorda che "l'ozono chiama". Il brano più toccante è quello al centro di questo arcipelago sonoro, "Le anime restano in bilico", un lento con dei bassi e un'ambientazione che ricorda lontanamente quei pezzoni esistenziali di Peter Gabriel, similitudine confermata anche dalla sovraincisione della voce un'ottava più alta, per sentire in contemporanea registro acuto e grave. Qui come si diceva all'inizio, i massimi sistemi si trovano "nella sala d'attesa, nella scelta che pesa", nel quotidiano e nel particolare che ci lega all'universale. "Arcipelago" è un Lp che vaga da un'isola ad un'altra, trasportato da una musica leggera che permette di sorvolare su tutti gli argomenti più forti e sullo "schifo che c'è in giro", senza farsi mai trascinare nell'abisso. (Gilberto Ongaro)