MARU  "Maru"
   (2017 )

Per entrare nel mondo di Maru bisogna ascoltare senza fare rumore, e sedersi per terra a gambe incrociate. Con un ukulele quasi sempre in levare e poco altro, Maru - al secolo Maria Barucco - si mette a nudo, ci racconta quella che probabilmente è la sua vita vera, di siciliana trapiantata a Cremona, in un Lp che si chiama inequivocabilmente "Maru". Il brano d'apertura è dedicato alla stessa Cremona, intitolato col suo prefisso telefonico "Zerotresettedue", che viene ripetuto in seconda voce sotto la frase "qui si scappa a Mittenwald". Grazie a Wikipedia si scopre che Mittenwald è la città tedesca dove è nato Matthias Klotz, che ha imparato l'arte liutaia proprio a Cremona. Maru è studentessa - o ex - della Scuola di Liuteria, ed afferma, sempre nel primo brano, di odiare l'ironia: sarà una doppia ironia, dato che l'intero album ne è intriso. La cantautrice utilizza come materiale lessicale tutto ciò che ama, a partire dalle arti visive, richiamate con un citazionismo sfrenato (Hokusai, Canaletto, Man Ray...), fino a indugiare compiaciuta nel campo semantico dei sapori e di tutto ciò che ha a che fare con la bocca e/o col cibo: "saliva ansiosa di una lingua nuova", chewing gum, catarro, angurie, gusti di gelato, "mentine di liquerizia e anice"... La predilezione per il gusto trova la sua catarsi nel brano "Olliuchenit", dove la fine di una coppia viene metaforizzata dai cibi più in voga di questi anni, dal kebab ai ristoranti giapponesi: "Tra surimi e hot dog ci lasceremo a bocca piena", "mi hai condito fino a fare schifo e ora non mi mangi più". La sfrontatezza di Maru maschera le sue fragilità; queste contraddizioni emergono nel singolo "Ninì", dove si fa esplicito l'amore saffico sui cui viene posto l'accento ("un amplesso e due donne"), per fare un dispetto al vicino perplesso, ma poi emerge la paura di incontrare di nuovo l'amata in via Garibaldi. I sentimenti sono descritti dall'interno, con una passione quasi morbosa per il lessico ("Faccio l'amore così tanto con le tue parole che il corpo non è che un inutile confine"). Un altro aspetto rilevante è quello naïf delle ambientazioni sonore, coerenti con la visione del mondo "dal basso" che ci propone Maru. L'ukulele a volte viene accompagnato da un glockenspiel che accentua il carattere piccolo. In "Denti da latte" si immagina che i due partner si ritrovino bambini, quindi la relazione viene tradotta in termini infantili ("mi sarei fatta contagiare gli orecchioni il morbillo e tutte le tue malattie e le tue infezioni"). In "Un meteo nel caffè", un arpeggio che assomiglia vagamente al Preludio 1 del Clavicembalo ben temperato di Bach, torna la ragazza amata che "a scuola non ci vuole andare, studia i fiori e vive sopra i melograni". Nell'ultimo brano "Il trucco" (o forse nella ghost track) è presente pure un pupazzo di gomma, e l'album termina con Maru che ci saluta sottovoce. Infine c'è l'aspetto della voglia di viaggiare: oltre alla già nominata Mittenwald compaiono l'Argentina, il Frecciarossa e i vagoni del metrò. Compaiono anche molte frasi di difficile comprensione, ad esempio non sappiamo perché il "Ventiquattromarzo" sia una data così importante per Maru; potrebbe essere il suo compleanno, come potrebbe riferirsi alla deposizione di Isabel Peròn, visto il desiderio espresso di andare in Argentina. Non sappiamo chi sia Mariello; non sappiamo cosa possa significare chiedersi "se la cocaina tornerà di moda"; è criptico e inquietante parlare di "un Monopoli di stupri e sorrisi". Ma è positivo sentire una giovane che canta: "Dovrei smettere di non provar fiducia nella mia generazione" - con buona pace degli Afterhours - e tentare di capire tutti i riferimenti e le vibranti sensazioni intime, forse significherebbe arrivare a conoscere lei. (Gilberto Ongaro)