HOPE YOU'RE FINE BLONDIE "Quasi"
(2016 )
Terzo disco per la band trevigiana (dopo "Hope You're Fine Blondie" del 2012 ed "EP" del 2014), con il decisivo apporto del celebre Tommaso Mantelli (Captain Mantell) a metabolizzare i suoni dei 10 episodi in oggetto ed a restituirli più "potabilizzati", nonostante frequenti, allucinate distorsioni e cavalcate furiose e ruvide. La durezza e la semplicità (nel senso più alto del termine) che queste canzoni inducono sono, al tempo stesso, insopportabili ed ammalianti, nel più classico dei controsensi dei quali il rock, quello vero, dovrebbe vivere e progredire. Quindi lasciate che, senza fare nomi (che è sempre antipatico), chi scrive sbertucci buona parte di quello che viene impunemente definito "alternative rock italiano", citandovi invece gli Hope You're Fine Blondie come uno dei migliori esempi, e non solo in Italia, di come fare rock oggi, dopo 15 anni del nuovo millennio spesso trascorsi inutilmente, tracciando, loro sì, nuove vie e percorsi veramente alternativi. Perché, ad oggi, chiamare "alternative rock" roba che, qualche tempo fa, poteva essere tranquillamente definita "FM rock" è roba insultante e deprimente. Se vogliamo recuperare davvero i sacri stilemi del rock, e quella furia iconoclasta e spaccaossa che l'ha definito ed inquadrato sin dalla nascita, diamo il giusto tributo a chi, al giorno d'oggi, produce vero "alternative rock". Facendolo, inoltre, in stretto idioma tricolore: ulteriore scommessa vinta a mani basse da questo trio veneto. Che porta a spasso, senza troppa fatica, un autentico mare di proposte odierne senza nerbo né troppo senso. Basterebbe l'opening irregolare di "Il verme", il "finto pop" di "La tua collera", la demoniaca filastrocca della title track, o ancora la malinconia grunge di "Cara mia lei", a dare la netta percezione di quanto innovativa, centrata e rotonda sia la proposta di questi ragazzi. Ai quali si dovrà forzatamente guardare, per scorgere, non troppo lontano, il futuro del rock del Vecchio Stivale. (Andrea Rossi)