BLUESADDIRUSE "ViaNova"
(2016 )
La seconda fatica discografica del gruppo napoletano Bluesaddiruse comprende tredici canzoni estremamente orecchiabili e riuscite, in cui la band non rinuncia per un secondo al suono sporco che li contraddistingue dagli esordi, ma a questo sovrappone una grande pulizia melodica, che trasuda di pop e di global music del bacino mediterraneo.
La band è adesso un quintetto e ritorna a cinque anni di distanza dal debutto. La lingua napoletana è la grande dichiarazione di poetica del gruppo, che condiziona positivamente i brani e le loro narrazioni, perché offre la possibilità di esprimersi in maniera più sciolta e sincera. La meravigliosa, graffiante e calda voce di Alfredo D’Ecclesiis, la sua armonica ciondolante e carismatica, unite ai grovigli di chitarre sporche e lamentose, sono le caratteristiche più belle di questo ottimo lavoro. “Foss’ Bell’” e “Rall’ Nguoll’ Again” scaldano subito le atmosfere, indicando che lo spazio di movimento – il loro spettro di ispirazioni e idee artistiche – del gruppo è ampliato: si tratta sempre di blues, aggressivo e potente, fuso alla bellissima lingua napoletana, ma si sentono anche vibrazioni global, ritmi mediterranei – che in fondo la musica tradizionale napoletana ha sempre racchiuso in sé – e spinte maggiormente rock e pop, con aperture e flirt anche al commerciale, che si esplicano bene nella corposa “’A Fronna”, che parte con piglio reggae, per trasformarsi poi in un tripudio di emozioni che vanno dal Sud Italia in genere – non solo Napoli ma anche altre zone sono chiamate in causa – fino al Sud America.
Da molti anni il gruppo propone un repertorio di canzoni originali in rapporto stretto con la tradizione del loro luogo di origine. Napoli è sfondo e primo piano, oggetto e soggetto al tempo stesso. Il rapporto con la tradizione è presente ovunque: negli arrangiamenti e nei testi, nella strumentazione e nell’approccio vocale, oltre che ovviamente nella lingua. Ci sono poi due espliciti omaggi: una cover di Mario Merola – la bellissima “’O Treno d’’O Sole”, scatenata e rabbiosa – ed una dei Napoli Centrale – “Viecchie, Mugliere, Muorte e Criature”, che ha striature di Tom Waits unite al rock tagliente dei Television – , che si inseriscono stupendamente nella cornice generale del disco. I brani più lenti e meditativi come “Si Te Putess’Ave’” e “Core ‘e Preta” costituiscono un giusto contrappeso ai momenti più veloci, che rappresentano la parte più consistente del disco. “Sta Strada” è il meraviglioso congiungimento tra blues e pop, e virtualmente anche tra musica tradizionale napoletana e la musica internazionale, quella da classifica, quella che è esportabile un po’ ovunque nel continente e anche fuori da esso. Il testo rappresenta un lamento amoroso legato alla lontananza dell’amata ma anche a una lontananza più o meno reale dalla terra natìa, una nostalgia per i tempi passati incarnata dagli splendidi acuti di D’Ecclesiis.
La lingua è uno degli elementi che spicca di più nella costruzione e nella progettazione di questo album. Il legame forte con la tradizione napoletana è presente in ogni angolo, in ogni sfumatura sonora e vocale, in ogni parola. In “’A Fronna” viene ribadito il concetto: cantare in dialetto per farsi capire da chi si ha di fronte, costruendo ancora una volta una dimensione epica e sacrale della tradizione e della città di Napoli, per combattere i tanti stereotipi stupidi che troppo spesso circolano in Italia e nel mondo su di lei, carichi soltanto di odio e di invidia. Rispettare la città, la sua storia, il suo popolo di sognatori e di artisti, anche e soprattutto grazie alla lingua, a dimostrazione della bellezza che si può costruire con essa, è cio che chiede il gruppo. E il ballo, altro elemento che contraddistingue tutto l’album – il ballo che provocano certe canzoni, il ballo che altre nominano – e lo plasma dall’inizio alla fine, è lo strumento di sfogo e di liberazione attraverso cui passa questo processo di sacralizzazione della storia e della vita pulsante di una città infinita.
(Samuele Conficoni)