DEAD ASTRONAUTS  "Arms of night"
   (2016 )

Di fatto, loro sono una coppia americana, fanciulla e fanciullo. In realtà, a sentirli, paiono due soggetti traslati ai nostri giorni da un qualche studio di registrazione degli anni '80, mitteleuropeo, e pregno di sonorità che vanno dalla darkwave alla italodisco. Come se si trattasse di un curioso incontro tra i Depeche Mode e i Radiorama, sotto alcuni aspetti. “Arms of night” è qualcosa che farà innamorare chi ancora non ha accettato la svolta grunge degli anni '90, chi si metteva nella propria cameretta con il walkman mentre altrove i compagni di classe andavano nelle discoteche, rigorosamente il sabato pomeriggio, magari con le bombolette per schiumare le ragazze nei giorni di carnevale. Potrebbe far impazzire chi aveva rischiato di adorare “Music for the masses” ma non aveva esagerato con le dosi per eccesso di cupezza, e potrebbe risvegliare chi non ha sopportato tutta quella musica fatta di culetti sculettanti e catenoni d’oro usciti dai rappers d’oltreoceano. Ci sono punti deboli, come la monotonia della voce solista maschile – che peraltro, a dire il vero, sembra figlia di quei vocioni tipici del synthpop britannico del decennio, citofonando Phil Oakey o lo stesso Dave Gahan – o i pochi sbalzi di ritmica, mancando un qualche lentone elettronico o cose meno stereotipate. Ma, alla fine, chissenefrega. Siete di quelli che odiano le schitarrate? Siete di quelli che vogliono tastiere cupe senza per forza di cose finire in analisi? Bene, vi basterà la seconda traccia di questo album, “War we fight”, per dimenticarvi che il tempo è passato. (Enrico Faggiano)