THE SWEET RELEASE OF DEATH  "The Sweet Release Of Death"
   (2016 )

The Sweet Release Of Death sono un trio olandese segnalatosi alle cronache per “Bulb”, interessante debutto datato 2014 all’insegna di un sound scorbutico ed abrasivo, una mistura scomposta di noise-pop e tardo shoegaze che pagava dazio all’inesperienza, seppure delineando in nuce le caratteristiche oggi sviluppate con una personalità accresciuta e corroborata. Ammantato da un alone di impenetrabilità sulfurea e da un’aura di claustrofobica negatività, il secondo lavoro del gruppo indugia sull’abusato trucco di affogare esili melodie in un frastuono rumoristico che tutto sommerge, efficace numero vecchio quanto il rock, ma capace di sortire una musica intrisa di sorda violenza, tetra disperazione, spleen malevolo. La voce cangiante della minuta bassista Alicia Ferrer Breton muta forma e sostanza, facendosi appena udibile nella bruma elettrica che sovrasta l’asfissiante ingorgo di fragori assortiti dell’opener “The end” (quale migliore incipit?), ricamando di arabeschi sghembi il languido riff da primi Sisters Of Mercy nel crescendo parossistico di “Post-everything”, lallando sinistra la nenia singhiozzante e stralunata di “Fox”, sventrata da repentine stilettate psicotiche degne di Trent Reznor. Mai smarrendo la propria catacombale, perversa intensità, in una snervante mezz'ora di opprimente oscurità il trio intarsia di riverberi e dissonanze lo scheletrico incedere ipnotico e allucinato di “Smutek”, lambisce i White Lung nella vorticosa sassata di “India”, indugia sulla romanticheria fasulla di “Downstairs”, cesella infine il mesto commiato di “Does a bear shit in the woods”, dimessa invocazione al nulla che collassa in quelle stesse lande desolate da cui il viaggio aveva avuto inizio. Disco sfibrante, spettrale nella sua insistita ricerca di atmosfere soffocanti, compendio di musica sofferente ed agonizzante che vive di contrasti ed opacità, “The sweet release of death” è l’ennesima discesa verso quel dark side in cui proliferano i molti nostri demoni conviventi, un microcosmo rovesciato privo di luce, speranza, redenzione, ma con il quale – in fondo – ci piace flirtare. (Manuel Maverna)