SIMPLE MINDS "Acoustic"
(2016 )
Ci sono cose che, ahinoi, non è bello sentire. Specie se si fa parte di quella categoria di soggetti che hanno adorato i primi Simple Minds, e che da 30 anni soffrono davanti a produzioni che, scusate la finezza, sono un po’ come quelle fanciulle che “te la fanno annusare” e poi spariscono. E vorresti buttarli in mare, ma poi ricordi “New gold dream”, e l’indulgenza li salva per l’ennesima volta. Però, il loro bello, all’epoca, era questo sound che mischiava chitarre punk e sintetizzatori new wave, durezza e malinconia, forza e dolcezza. E allora, la domanda sorge spontanea: a cosa serve un loro best of, in versione acustica? A cosa serve rimettere in circolo le melodie dei bei tempi (bypassando, almeno, quasi tutto il prodotto successivo al 1985) in quello che, negli anni '90, era diventato di moda come “unplugged”? Dai, alla fine non è male, ci sono interventi di ospiti come la co-scozzese KT Tunstall, e dietro c’è sempre la forza propulsiva delle “Glittering prize” e “Waterfront” varie. Però, in modalità totalmente irriconoscibile, floscia, loffia, dite voi il termine che preferite. E allora, per la millesima volta, ti viene da prenderli, strozzarli, rigare il vinile, o stagliuzzare il nastro nella cassetta, o spezzare in due il cd, o mettere nel cestino la cartella mp3. Ma poi ti accorgi che “Someone somewhere” è sempre lei, che “Promised you a miracle” non è che sia cambiata, e per la millesima volta li salvi. Ma con la voglia di riascoltare gli originali, senza bisogno di questi inutili orpelli. Che appiattiscono, e tolgono tutto quello che c’era di bello nelle versioni native. Vabbè, alla prossima, come diciamo da 30 anni. (Enrico Faggiano)