DELUDED BY LESBIANS "Fotoromanzi"
(2016 )
Ben venga che in musica, ça va sans dire, non esista soltanto il lato buio della luna. Per fortuna ci sono i Me First And The Gimme Gimmes e – alle nostre latitudini – gente come i Deluded By Lesbians, band milanese nata nel 2007, tre album e svariati singoli all’attivo, tre ilari teste matte – nomi d’arte femminili e mise improbabili - senza altra intenzione dichiarata che quella di proporre la loro insana miscela di composta ironia, mai greve, truce o grossolana. Come degli Amici di Roland privi della componente sbracata ma non dell’abituale innata goliardia, in questo nuovo capitolo di una discografia variegata quanto basta a promuoverli al rango di voce atipica dell’indie nostrano, il trio opta per la rilettura di nove celeberrimi brani entrati nell’immaginario collettivo del Bel Paese nell’arco di decenni di patria gloria musicale. In quaranta piacevoli e disimpegnati minuti che mai assumono toni parodistici, i tre riescono nella non facile nè scontata impresa di offrire interpretazioni fedeli e rispettose di classici intramontabili senza mai travalicare i limiti del buon gusto, donando col consueto marchio di fabbrica – un pop-punk di granitica solidità arricchito da sonorità roboanti e da un ottimo lavoro di produzione – una rinnovata allure ad arie già di per sé memorabili: il risciacquo dei panni in rock, lungi dallo snaturare le immortali melodie sottoposte al restyling, regala loro una vitalità contemporanea, riattualizzando in veste elettrificata perfino una “Parlami d’amore Mariù” - classe 1932 – mai così moderna. Il gioco sortisce quasi sempre un effetto trascinante, in particolare negli episodi più squadrati e diretti: dalla sassata di “Fotoromanza” della Nannini, ripulita degli accenti melò che la resero popolare, alla bordata di una “Cuore matto” che avrebbe reso felice il Piccolo Antonio, dalla tirata acida della “Serenata rap” di Jovanotti (resa addirittura interessante), fino alla chiusa di “Se tu non torni” di Miguel Bosè, intrisa della primigenia eleganza che la elevò a hit oltre quattro lustri orsono. Non tutti gli episodi sono calibrati con la medesima centratura, ma il meccanismo – che sortì una eccellente cover di “Cicale” di Heather Parisi nel 2013 – è sufficientemente oliato e collaudato per condurre in porto un’operazione degna di menzione; poco importa che “Felicità” degli ex-coniugi Carrisi si dilati inopinatamente fino ai sei minuti di durata, o che “Il cielo in una stanza” viri verso atmosfere à la Giuliano Palma smarrendo parte della sua naturale poesia, perchè ci sono pur sempre una “Vacanze romane” venata di noise e – soprattutto – una “Nel blu dipinto di blu” che – game, set, match - mette tutti d’accordo. Band sempre sorprendente, intelligente e umile quanto basta per non giocarsi la faccia e per conservare, al tempo stesso, la credibilità guadagnata nel corso degli anni grazie ad una interpretazione ludica dell’arduo ruolo della rockstar: e che una risata ci seppellisca pure, ben volentieri. (Manuel Maverna)