ROKIA TRAORE' "Né so"
(2016 )
''Né So'' in lingua bambara significa “a casa”. Il paese di Rokia Traoré, il Mali, è il ritmo attraverso cui si snoda quasi interamente la sua carriera, ed estremamente cruciali sono il concetto di casa e di nostalgia per il luogo natio. Figlia di un diplomatico di stanza negli Stati Uniti, studentessa universitaria a Bruxelles e innamorata del Mali e delle proprie radici, ha riempito la sua musica di questo senso di lontananza, amore e libertà. Al suo sesto album, la Traoré non ha più bisogno di dover stupire né di dover chiarificare le sue idee, già esposte brillantemente nei lavori precedenti, in particolare su ''Beautiful Africa'' del 2013. In ''Né So'' ci offre uno spaccato del suo pensiero: ci porta dietro le quinte e ci mostra come sono maturate le sue emozioni. Il disco, godibile e raffinato nel sound, è prodotto, come il precedente, da John Parish, polistrumentista collaboratore insostituibile di PJ Harvey, attento anche ai talenti della scena musicale più recente (ha prodotto ''Innocence Is Kinky'' di Jenny Hval nel 2013 e il sublime ''Too Bright'' di Perfume Genius nel 2014), e anche se non tocca le vette di ''Beautiful Africa'', ci regala diversi episodi notevoli. Questa volta la Traoré si diverte a esplorare con originalità e una sensibilità tutta sua il pop e il folk occidentali: la presenza di Devendra Banhart ne è una prova di non poco conto. Il primo brano, “Tu Voles” (“Tu voli”), è cantato in francese e riesce a fondere una chitarra dal suono reggae ad echi blues nel ritmo e nell’andamento complessivo: se il clima resta intimo e minimalista, indiscutibile marchio di fabbrica della Traoré, lo stile musicale si sposta da subito verso forme più classiche e orecchiabili. La voce, sempre al limite tra la dolcezza e la ruvidezza, è la conquista di questa libertà raggiunta: poter cantare della sua terra, della sua casa, anche con sonorità non per forza autoctone. In questo magma avvolgente si inseriscono gli episodi maggiormente world music di ''Kènya'' e ''Ilé'', cantate in lingua bambara, che sono anche i più convincenti. Le percussioni della prima e l’arpeggio di chitarra assolutamente fuori dagli schemi della seconda entrano nel cuore e fanno capire perfettamente di quale casa la Traoré stia parlando, di quali ritmi scorrono nel suo sangue e quanto le devono essere mancati, e allo stesso tempo di quanto siano connaturati in lei. E proprio su questi tappeti sognanti, che ci consegnano la sua più sincera versione di Africa, la voce della Traoré esplode maggiormente, senza mai stagliarsi troppo in superficie, ma creando uno splendido gioco di richiami (e ricami) con gli strumenti. Una versione quasi sottovoce di ''Strange Fruit'' ci fa riflettere sull’importanza che questa canzone ha avuto e ha tuttora per le popolazioni africane e afroamericane. Se è ovviamente impossibile paragonare questa versione con le pietre miliari cantate da Billie Holiday e Nina Simone, è opportuno constatare quanto un brano come questo sia diventato un punto di riferimento irremovibile per qualsiasi genere musicale: Jeff Buckley ne eseguiva versioni mozzafiato durante i suoi concerti al Sin-è di New York, Kanye West ha campionato la Simone in ''Blood on the Leaves'', i Cocteau Twins la cantarono durante una BBC Session. Per Traoré rappresenta il ritorno a casa tanto desiderato, il suo affrancarsi da ogni stile predefinito, ed il poter parlare della sua patria sia con i ritmi del Mali che con quelli occidentali. La libertà musicale diventa il più efficace strumento di rivincita sociale. Il disco si conclude prima con una spirale di ombre e inseguimenti, quasi un canto tribale oscuro ma divertente (''Né So''); poi con un talking blues (''Sé Dan'') che a tratti sembra voler ricalcare alcune performance di Lauryn Hill: un poema recitato dove il richiamo dell’Africa e verso l’Africa si fa finalmente desiderio raggiunto, con una conclusione che intriga pur non convincendo del tutto. L’album nel complesso non delude ed emoziona, e anche se non raggiunge i picchi del precedente continua su quella linea, in un percorso di maturazione artistica e di ricerca di originalità coerente e raffinato. (Samuele Conficoni)