FLESHLESS "Devoured beyond recognition"
(2016 )
Truci e foschi sin dalla copertina (un macellaio simil-Frankenstein che, invece che cavallo o bovino, “lavora” carne umana…), i cechi Fleshless approdano al ragguardevole traguardo del nono album in 17 anni (l’esordio fu infatti “Grindgod” del 1999) dopo una pausa di quasi 5 anni: tanto tempo è infatti trascorso dal precedente full-lenght “Slaves of the god machine” del 2011. I fans della più celebre brutal death band della Repubblica ceca possono però dormire sonni tranquilli, perché una pausa così lunga non ha di certo portato in dote grandi sconvolgimenti musicali: Vladimir Prokos e compagni sono sempre belli incazzati, biechi e torbidi, come nella miglior tradizione segnata dalle precedenti uscite. Volendo per forza trovare qualche punto di cambiamento nelle nuove 10 canzoni (a cui vanno aggiunti tre brevi inserti musicali ad inizio e fine album ed al centro del disco), possiamo dire che, pur mantenendo immutata la brutalità della proposta musicale, i nuovi episodi denotano qualche inedita apertura “melodica” (virgolette quanto mai necessarie…): “Mankind fall” e, soprattutto, “Human insect”, presentando un assolo centrale di chitarra davvero centrato, se invece dei suoni gutturali di Vlad poggiassero su un cantato appena appena “normale”, potrebbero quasi passare per consueti brani “rock”. Se questo possa essere un complimento o, viceversa, una mezza offesa, questo lo deciderà l’ascoltatore, ovviamente. Il sottoscritto si limita semplicemente a sorridere, divertito, pensando al suddetto frontman Vladimir emettere i propri versi gutturali durante l’esercizio del proprio mestiere “consueto”, ovvero il… maestro d’asilo. Se poi i suoi allievi, a 6 anni, ascolteranno solamente Cannibal Corpse e Dying Fetus, nessuno potrà dirsi sorpreso… (Andrea Rossi)