KEITH RICHARDS  "Crosseyed heart"
   (2015 )

Non è un concept album, ma un album che si fonda su un concetto, uno di quelli cardine del Richards-pensiero, e cioè che il blues è il germe primordiale della musica popolare e che in qualche modo lo si può ritrovare in tutto ciò che è venuto dopo. Non a caso l’incipit, che è anche la title track del disco, è un breve blues acustico in esplicito omaggio a Robert Johnson, il primo del ''club del 27'', che fece il patto con il diavolo a mezzanotte in quel leggendario incrocio sulla Highway 61. Fissato ciò, il grande vecchio del rock’n’roll può liberare in ordine sparso tutto ciò che compone il suo universo musicale, che introduce con “And that’s all I got”. E che cos’ha Keith in serbo dopo 23 anni di silenzio solista? Ha delle tracce di matrice rollingstoniana (''Heartstopper'', ''Amnesia'', ''Trouble''); un reggae (“Love Overdue”) come ennesimo atto d’amore per la Giamaica e la sua musica; delle ballate che interpreta con una voce che sta da qualche parte tra un certo Dylan (“Oh Mercy” per intenderci) e Mark Knopfler, rilassata e rassicurante, un sussurro di nonno che trasuda la consapevolezza e la rassegnata disillusione di uno che ne ha viste, e lui sì, ne ha viste; un rock’n’roll a la Chuck Berry (“Blues in the Morning”) probabilmente a memento della di lui travagliata frequentazione; un duetto con Norah Jones (“Illusion”); una divagazione nel country con la delicata versione di “Goodnight Irene” di Leadbelly e un funk ruvido nel finale (“Substantial Damage”). Una fase iperproduttiva per Keith Richards: “Crosseyed Heart” è uscito il 18 settembre in contemporanea con la pubblicazione di “Under the Influence”, un documentario sulla sua vita e sulla registrazione del disco girato da Morgan Neville. Ma non è finita qui. Tra una conferenza stampa e l’altra butta la bomba: “I Rolling Stones torneranno a breve in studio per registrare un nuovo album”. Mica male per uno a cui, ormai molto tempo fa, per dieci anni consecutivi , venne assegnato il primo posto nella “Lista delle dieci persone prossime a morire”. Keef è vivo, viva Keef! (Andrea Fabbris)