TEMPI DURI  "Canzoni segrete"
   (2015 )

“Ehi gente, ma se normali sono quelli lì, io sono un malato di mente. E ne sono fiero”. No, non è il finale de “La Coscienza di Zeno” riscritto in chiave moderna. È l’introduzione del nuovo lavoro dei Tempi Duri. Trent’anni. Musicalmente è un’eternità, ma è il tempo trascorso dall’ultima pubblicazione della band, la cui storia è anche intrecciata a quella di De Andrè, padre e figlio. Un disco di inediti più la ristampa di “Chiamali Tempi Duri” compongono l’edizione deluxe di “Canzoni Segrete”. Si apre con “Io Sono Due”, che rivela l’ironia che permea un po’ tutto il disco. Una voce greve canta di un’Italia che i tempi duri li vive per davvero (meno male che c’è certa musica, verrebbe da dire). Una voce che ricorda vagamente quella del più grande poeta italiano degli ultimi sessant’anni, e un’Italia dipinta, in alcuni momenti, con un sapiente disincanto, con uno sguardo attento e un po’ amaro (“in un paese di grandi baroni che sono i principi dei fannulloni”, “ma quale destra, ma quale sinistra? C’è chi rimpiange l’Italia fascista” – tratta da “Italia, pt. 2”). Ma il disco canta soprattutto l’amore in tutte le sue sfaccettature (“Per te”, “Illudendoci” “Babbu Meu”), e lo fa con una marcata vena poetica che rende indispensabile un ascolto attento anche ai testi: pop rock d’autore, accenni di folk, eleganza e pulizia nella musica come nei testi, songwriting degno della grande tradizione cantautorale italiana, questa è l’estrema sintesi di “Canzoni Segrete”, con cui I Tempi Duri si riaffacciano romanticamente nella musica italiana. E lo fanno in grande stile: a ben vedere, almeno nel mondo delle sette note, i tempi sono tutt’altro che duri. (Piergiuseppe Lippolis)