LA FINE  "Scontento"
   (2014 )

Clangore metallico stridente ed agonizzante, antitesi di qualsivoglia concessione alla piacevolezza o alla lievità, quella vibrata in “Scontento”, debutto discografico del veemente trio cosentino La Fine su etichetta Superdoggy Music (creatura di Karim Qqru degli Zen Circus), è una stilettata ferocemente letale, musica discendente per filiazione diretta dal post-hardcore d’oltreoceano, riferimento ineludibile per orientarsi fra le sette tracce che compongono questo urticante esordio della band. Accostabili per certi versi agli inarrivabili Fine Before You Came, inevitabile pietra di paragone in ambito nostrano, i tre se ne discostano tuttavia privilegiando un approccio più fisico e meno cerebrale rispetto al quintetto milanese, dai quali li distinguono sia un diverso esistenzialismo - sofferente sì, ma più furioso che introspettivo - sia una scrittura aggressiva incentrata su tessiture aspre anzichè sospese ed evocative. La strabordante personalità che trasuda dal progetto è di lampante evidenza, una furia disillusa capace di dispiegarsi compiutamente nelle tracce più distanti dagli archetipi, quelle stesse tracce che meglio di altre espandono idee anzichè replicarle: accade ad esempio nella conclusiva “Perché la gente nasce”, che inizia come una versione assassina del primo Teatro Degli Orrori e si chiude su un distorto deragliare sferragliante à la J Mascis, o nelle variazioni continue e graduali di “Verrà la fine”, ingorgo elettrico che stipa sfiducia e mestizia in tre straripanti minuti, o ancora nelle detonanti dissonanze albiniane di “Ilaria”, e nel passo sghembo della fugaziana “La nostra vita tra 1000 morti”. Solidi e intriganti i testi, carichi di una intensità emotiva che, pur essendo tratto saliente, mai sacrifica i contenuti all’urgenza espressiva; sfavillante l’abilità dimostrata nel trattare la materia con una padronanza tale da lasciar presagire sviluppi di sicuro interesse, specie se il trio saprà evolversi anche in altre direzioni oltre a quella di partenza. La sfida da raccogliere è forse quella di raggiungere, con l’esperienza che non mancheranno di acquisire sul campo, una specificità che oggi corre il rischio, a tratti, di restare intrappolata nella ragnatela del manierismo. (Manuel Maverna)