SINE FRONTERA  "I Taliani"
   (2013 )

Dodici anni. Lo spazio di una vita. Un bambino, in questo lasso di tempo, passa dalla nascita ai primi sgambettamenti, dalle prime parole alle prime, esaltanti relazioni personali. Un bambino scopre che il mondo non è solo sé stessi, mamma, papà e nonni, ma là fuori c'è un mondo intero. A dodici anni un bambino (ragazzo?) ha già lasciato la scuola elementare ed ha cominciato la grande avventura delle medie, quella nelle quali si abbondona l'infanzia e ci si affaccia nel magico (e al tempo stesso terribile) mondo dell'adolescenza. L'apertura al mondo, e soprattutto all'altro sesso. Ditelo, ad un dodicenne, che è ancora piccolo, che vi sembra ieri quando rideva beato nella culla. Vi guarderà con sufficienza, come si guarda chi vive nel passato e non si rende conto del presente, di come sono cambiate le cose, di come l'universo nel frattempo abbia rivoltato tutto come un calzino. Dodici anni. Il tempo di una vita. Dodici anni sono passati da quando hanno visto la luce i Sine Frontera. Chi vi scrive ha avuto la fortuna di conoscere la loro musica, le loro performance dal vivo, fin da quei primi, embrionali tempi, e di vederli crescere come si vede crescere il bambino di cui sopra, che dalla culla passa in un batter d'occhio all'adolescenza ed alle prime, furtive occhiate all'altro sesso. I Sine Frontera sono cambiati (e non poteva essere altrimenti), ma sono rimasti incredibilmente coerenti. Quando rimanere coerenti non significa fossilizzarsi, ma semplicemente che, nonostante le famiglie si siano ingrossate, e sia arrivato anche qualche capello bianco in testa, la forza e la spinta iniziali sono ancora lì. Come un bambino che, crescendo, certamente cambia e si trasforma, fisicamente e psicologicamente, ma che, in fondo, nell'animo rimane sempre quello, nei pregi e nei difetti. Perché siamo quello che abbiamo vissuto, siamo le sensazioni che abbiamo provato, siamo l'affetto che abbiamo riceuto e che abbiamo ricambiato. Allo stesso modo, i Sine Frontera sono tutto ciò che hanno cantato in 12 anni, ogni singola nota che hanno lanciato al mondo in questi 144 mesi, in questi 4300 giorni di vita, conditi da impegno, vitalità, ottima musica e testi importanti. Perché è giusto e sacrosanto il sorriso sulla bocca (e basta dare un'occhiata alla copertina del loro nuovo album, con quell'aereo battente bandiera italiana che scappa con il sacco dei soldi, in stile fumetto, per capire che la voglia di sorridere non è cambiata di una virgola), ma è ugualmente giusto e sacrosanto trasmettere messaggi importanti con la propria musica. Perché avere un pubblico (nutritissimo, tra l'altro) che ascolta ciò che vuoi dire, ed a cui puoi cambiare la vita con una sola frase, è un privilegio che pochi possono vantare in un'intera esistenza. Un privilegio davvero impagabile. Non sprecato, di certo, nell'arco dei suddetti 12 anni e nel computo dei 4 album realizzati nel frattempo (''Sine Frontera'' del 2003, lo splendido ''Sola Andata'' del 2005, ''Live Tour'' del 2007, e ''20 Now'' del 2009). In mezzo ci sono stati tour europei, charts conquistate (soprattutto con il singolo ''20 Now'', dedicato al ventennale della caduta del muro di Berlino, che a suo tempo accalappiò meritatamente la Top Ten delle classifiche radiofoniche), ed un crescente seguito che ha portato i Sine Frontera ad essere annoverati tra le maggiori realtà combat folk italiane e dell'intero continente. Ma un tale passato è poco se non accompagnato da un presente all'altezza. Ed l'oggi della band è questo ''I Taliani'', che sin dal titolo mette alla berlina questo nostro paese, così splendido per alcuni versi e così inaccettabile per altri. C'è tutta la nostra nazione, in queste nuove 11 canzoni, dagli endemici vizi per cui siamo conosciuti e che sono enumerati nella title track (''la busta sottobanco e l’offerta per il santo… briganti, compari, le bombe e gli spari, i gendarmi col pennacchio e il naso di Pinocchio''), al quotidiano lavaggio del cervello perpetrato dai mass media (''Uomini macchina, con macchine al posto del cervello… stattene buono e tranquillo, è tutto sotto controllo”, canta la band in ''Hombres'', con la partecipazione di Albert Ferrèr, voce dei Malakaton di Barcellona), per passare a ''Il villano'', ispirata da un’opera di Dario Fo e dal leggendario film “Bertoldo Bertoldino e Cacasenno”, diretto da Mario Monicelli e interpretato da Ugo Tognazzi, nella quale il protagonista dichiara contento ''Son villano, son villano e villan resto, son villano, anche se da signor mi vesto...'': a quanti personaggi tricolori vi sembra dedicata? Direi che c'è solo l'imbarazzo della scelta... E in ''Jesse il bandito'', rivisitazione di un popolare brano folk americano, la storia di Jesse James, il leggendario bandito del vecchio West, amico della povera gente ma, alla fine, tradito proprio dal suo migliore amico, non vi sembra una storia tipicamente italiana? Così come in ''Io son io'', che si rifà al grande Alberto Sordi ne “Il marchese del grillo”, la storica frase “Perché io son io e voi non siete un cazzo!” sembra pari pari la storia dell'attuale politica, da qualunque angolazione la si guardi. Citazione finale per la splendida ''Dietro il portone'', racconto di un deportato nel campo di sterminio di Aushwitz: “E se questo è un uomo, uno fra centomila, non ricordo chi sono, non ricordo il mio nome, nel campo dietro il portone”, citazione del celebre libro “Se questo è un uomo” di Primo Levi. Un commovente omaggio a tutte le vittime dell’olocausto, perla di un disco che amerete senza riserve, e che vi spingerà a visitare con curiosità la precedente discografia di questa grande band. (Andrea Rossi)