BOY GEORGE  "This is what I do"
   (2013 )

Lo avevamo quasi archiviato come un fenomeno da baraccone che sembrava incapace di uscire dai clichè e dalla macchietta che era diventato, ma mai sottovalutare la forza di chi, un tempo, era un Camaleonte con un discreto Karma.

Rinnovata l’immagine con tanto di pizzetto (!) e messo da parte il non particolarmente riuscito tentativo di qualche anno fa (“Ordinary alien”), Boy George ha saputo mettersi sulla riva del fiume aspettando l’arrivo dei pesci, così come era capace di fare ai tempi in cui i dischi si vendevano e lui aveva popolarità universale se ce n’era una.

Chiaro, si sapeva che questo difficilmente avrebbe venduto tanto perché, appunto, il passato non torna. Ma intanto, parliamo di un disco vero e proprio, fatto di canzoni dove non ci si annoia, andando a riscoprire tutte le latitudini di chi non era soltanto un bambolotto da vendere nei negozi (‘80s), un talento perduto (’90), o animale da gossip (’00).

Pop puro, andando a scavare in tanti di quei generi che è difficile ritrovare un filone unico, se non quella voce che può ancora, suonati i 50 all’anagrafe, cantare quello che vuole. Partendo dal singolo “King of everything” passando da una “Bigger than war” che pare Nick Cave (!!!) nel pieno di una visione blues, o una “It’s easy” che ricorda una versione country di Springsteen (!!!!!), tanto per dire. Andando poi a ripescare la Yoko Ono di “Death of Samantha”, senza dimenticare l’amato reggae che in svariate occasioni salvò la carriera di George, presente in buona parte di quello che, un secolo fa, sarebbe stato definito il “lato 2” dell’album, con accenni di dub, una “Nice and slow” che ricorda un antico duetto tra Peter Tosh e Mick Jagger, e la finale “Feel the vibration”.

Lasciando, alla fine, un discreto mal di pancia pensando a quello che sarebbe potuto essere, Boy George, se ogni tanto si fosse ricordato del suo sterminato talento nello scaldare i cuori senza passare per forza dalle patrie galere o da passaggi musicali, tutto sommato, dimenticabili. E se qualcuno di voi oggi se lo ricorda, e volesse avvicinarsi al suo ufficio musicale, potrebbe restarne positivamente, molto positivamente, colpito. (Enrico Faggiano)