PROHOM  "Peu importe"
   (2004 )

La musica francese contemporanea trae linfa da alcuni filoni ben specifici ed identificabili, ciascuno dei quali può – molto schematicamente – essere associato ad un gruppo che ne porta la bandiera da parecchi anni. Così, se il rock di matrice indie può essere riconducibile ai Noir Desir ed alla loro oscura e dissonante opera, il pop elettronico discende inevitabilmente dagli Indochine, band che oltralpe è oggetto di culto da trent’anni senza mai avere conosciuto l’oblio nè aver perso l’affetto del pubblico. Philippe Prohom è un intelligente e acuto autore che – sulla scia degli Indochine e nel solco dei loro molti epigoni – riesce a miscelare con sapienza rock, elettronica e cantautorato tradizionale, offrendo dischi godibili ricchi di spunti e di sorprese disseminate ovunque. Come nel repertorio di Mickey 3d, le canzoni esordiscono quasi sempre con un beat elettronico che funge indifferentemente da introduzione standard sia per melodie delicate (la ballata di "Amer" o lo shuffle morbido di "D’accord" o ancora il tenero vagito di "Né a la place d’un autre") sia per brani più sostenuti ("Départ", "Humain"); c’è sempre un ritornello orecchiabile nascosto dietro una strofa meditativa, c’è una chitarra dove meno te lo aspetti, c’è un uso astuto e gradito dei contrappunti affidati a violini o fisarmoniche come da tradizione transalpina, e sopra tutto c’è la voce stentorea di Philippe Prohom, capace di rendere interessanti anche tracce lievemente sottotono ("Tu es tuée", "Les gens font des gamins") rivitalizzandole con testi sorprendenti ed interpretazioni sentite. In generale, le canzoni sono tutte basate sul connubio tra rock ed elettronica, con la sola eccezione dello splendido brano di apertura, "Des millions de forêts", introdotto da un giro di basso à la Cure e propulso da chitarre scintillanti e da un refrain irresistibile, a confezionare un brano pressochè perfetto che sembra provenire da un'altra epoca. Disimpegnato e gradevole. (Manuel Maverna)