CESARE CREMONINI  "Il primo bacio sulla luna"
   (2008 )

Cesare Cremonini è un buon cantante pop. Non è un fenomeno, ma nemmeno un impostore: soprattutto non è un bluff, come parte dei suoi non pochi detrattori lo etichettano. E’ vero, il ragazzo appare presuntuosetto (uscì con un doppio live con tanto di orchestra filarmonica di supporto dopo due soli dischi, vanesio ed azzardato) ed anche un filo antipaticuzzo per un certo modo di porsi, di ammiccare, di muoversi, di cantare, ma in fondo in fondo è forse solo questione di un sano, diffuso alone di invidia che lo circonda. Cesare Cremonini è un buon autore di canzoni pop. Non ha doti inarrivabili, ma ha valide intuizioni ed una certa capacità di infondere nelle sue composizioni una verve particolare, fatta di liriche semplici (non sono il suo forte, sebbene talvolta riescano argute) accoppiate a progressioni armoniche accattivanti; nel suo background, impastate come le uova nella sfoglia emiliana, si trovano influenze popolari evidenti, dal ballabile da dancing-hall (“Le sei e ventisei” con un testo orribile) al boogie (superfluo quello del divertissement sintetico de “La ricetta”, non disprezzabile quello nervoso ed elettrico dell’iniziale “Louise”, sulla falsariga de “Gli uomini e le donne sono uguali”), dalla lounge bacharachiana (“Figlio di un re”, canzone perfetta) al folk campagnolo (“Qualsiasi cosa” su una cadenza dolcemente ritmata che ricorda Fabio Concato o la tenue versione unplugged di “Dev’essere così”, deliziosa e carezzevole). “Il primo bacio sulla luna” propone in sostanza un’alternanza imbarazzante di ingenuità immatura e classe cristallina, con zampate da veterano (la title-track che amalgama atmosfere morriconiane ed aperture degne del migliore Cocciante, o la conclusiva strumentale “Cercando Camilla”, musica orchestrale per immagini tra Fellini e Chaplin) inframezzate ad ovvietà scipite. Brani come “Chiusi in un miracolo”, o il power-pop autoreferenziale di “Dicono di me” sono talmente pacchiani da risultare addirittura stucchevolmente fastidiosi, mentre la scelta di avvalersi di un’orchestra appesantisce talvolta gli arrangiamenti; una maggiore semplicità ed un sound più scarno ed essenziale gioverebbero forse alla credibilità dei brani, alcuni dei quali rappresentano cadute di stile tali da separare ancora Cesare dal salto di qualità. Non è un cantante per teenager pruriginose: è un buon cantante pop come ne esistono pochissimi in Italia, che troverà prima o poi il coraggio per fare il passo decisivo verso una vera musica d’autore. (Manuel Maverna)