GRADUATE  "Acting my age"
   (1980 )

Sarebbe curioso, andando alla ricerca di graffiti musicali, trovare quelli che potevano essere i provini di tanti gruppi prima di diventare famosi. Quando ancora si viveva di esplosioni adolescenziali, e non era chiaro quale sarebbe stata la direzione da prendere. Qui siamo in Inghilterra, fine anni ’70, dove come in ogni storia che si rispetti ci sono ragazzi innamorati della musica che mettono su un complessino, chiamandolo Graduate in onore del “Laureato” da cui prendevano la cover di “Mr.Robinson”. Arrivano al contratto discografico, e mettono su vinile un po’ di tracce che viaggiano di quella scarna new wave dell’epoca, fatta di chitarra-basso-batteria e non ancora quell’intrusione totale dei sintetizzatori che avrebbe poi caratterizzato la musica nelle stagioni successive. C’è anche un po’ di successo nell’Europa Centrale con una “Elvis should play ska” dedicata non tanto a Presley ma a Costello, e vari tentativi di divertirsi come nella titletrack e altri episodi. Roba comunque infantile, del tutto biodegradabile, che non sarebbe mai arrivata ai giorni nostri se non fosse successo che due personaggi del gruppo, deciso lo scioglimento, si fossero ri-unificati per dar vita ad una sigla che avrebbe dato lustro eccome al pop britannico degli eighties. Roland Orzabal e Curt Smith, per intenderci, e i Tears For Fears. Allora, la domanda classica è questa: si nota qualcosa dei TFF in questa specie di pre-quel? Assolutamente no, specie se si paragonano le atmosfere quasi liceali di questo album alla mestizia e alla cupezza di quel “The hurting” che avrebbe dato il via al grande successo successivo. Tanto allegro il primo quanto oscuro il secondo, insomma, e se non ci fosse la voce di Orzabal a far da boa, sarebbe quasi impossibile riconoscerne la continuità. Se non forse in rare tracce finali (“No second Troy” e “Think of me”), dove un po’ di malinconia la si può assaggiare. Ma, se non si fosse andati avanti con la storia scoprendone il finale, nessuno ci avrebbe scommesso un penny. (Enrico Faggiano)