CESARE CREMONINI "1999-2010 The Greatest Hits"
(2010 )
E allora, cosa facciamo? Il Cesare, per tanti motivi, in questi anni è stato più o meno sbeffeggiato da tutti, spesso prendendosi delle critiche per quello che era, e non per quello che fa. D’altra parte, iniziare con una facile canzoncina sui colli bolognesi e sulle gioie dell’adolescenza svolazzante era motivo per farlo diventare il più classico degli one-hit-wonder, con i Lunapop a fare i fessacchiotti con i capelli colorati e lui a fare immediato flop nel cinema, manco volesse imitare il compaesano Alex l’Ariete, ovvero Alberto Tomba. Però Cremonini, di fare la meteora, non ne ha voluto sapere, e ha fatto scoprire che sotto la tintura del bulbo aveva e ha una base musicale non indifferente, e soprattutto una discreta ispirazione. Per cui, nel decennio abbondante preso in considerazione dal suo raccoltone, si va di cronologia dei suoi lavori, scoprendo che se all’inizio ogni sua nuova canzone era accolta dal classico “ancora tu?”, piano piano in tanti hanno cominciato ad ascoltarlo, magari di nascosto, apprezzandolo di volta in volta. E cercando una scusa per fare outing e dire “ok, ci siamo sbagliati”. Ok, ci siamo sbagliati, ecco. Perché annusare le atmosfere beatlesiane di “Maggese”, il bellissimo ritratto della fine di una relazione di “Marmellata #25” e tante altre piccole cose sparse qua e là potrà far ricredere in tanti. Insomma, non è che nel panorama italiano ci sia poi tanto meglio, di pop parlando, e a dire il vero di ingenuità, o di sciocchezze figlie dell’età, qui se ne vedono poche. E non è un caso, forse, che “Mondo” sia stata battezzata assieme a Jovanotti. Un altro che iniziò in un certo modo, e dovette passare lunghe forche caudine prima di ottenere il placet degli adulti e non solo quelli dei ''gimmifaiv'' e degli ''èquilafesta''. In Cremonini c’è poesia quotidiana, magari un po’ soft ma mai ridotta a scemenze da Baci Perugina, c’è musicalità mai banale e, quindi, un raccoltone è il modo migliore per recuperare quello che si era perso. Magari, appunto, riconoscendo che ci si era sbagliati. (Enrico Faggiano)