DURAN DURAN  "Seven and the ragged tiger"
   (1983 )

Il boom britannico sembrava quasi essere svanito, benchè Lady D se ne definiva innamorata e i dischi vendevano eccome, perché si sa come sono le mode: un anno ci sei, l'anno dopo un po' meno. D'altra parte, dopo aver sbancato con "Rio", restare su quei livelli era pressochè impossibile, e questo disco - a cui mancava il singolo "Is there something I should know", di qualche mese antecedente - non era il modo migliore per convincere la folla della propria perfezione. "Seven and the ragged tiger" è uno di quei tanti dischi degli '80s costruito in fretta e furia, tra un tour e un set fotografico, per mungere la mucca finchè c'era latte e agire di quantità laddove la qualità non poteva essere, quasi per forza di cose, sempre al meglio. Tre singoli che sarebbero diventati classici, da "Union of the snake" a "New moon on Monday" e "The reflex", ma dietro non c'era davvero niente: una produzione ridondante quasi a diventar noiosa, e troppi passaggi a vuoto per rendere il disco accettabile oltre le tracce citate. E sfido qualsiasi duraniana a ricordarsi il ritornello di "I take the dice": zero, sono certo. La cosa curiosa era che, in Italia, questo disco fu la chiave per la successiva esplosione, commerciale ma soprattutto culturale, facendo cuocere a puntino le fans per poi stenderle con il successivo "Arena". A prova che con un po' di marketing si poteva vendere qualsiasi cosa: ma non fu questo, a vendere, quanto il successivo. Misteri della fede: forse, nel video di "The reflex", Simon si vendeva meglio che in "Union of the snake". E, altra cosa curiosa, questo fu l'ultimo album della band nella sua formazione originale prima di vent'anni: nessuno se ne accorse, all'epoca. (Enrico Faggiano)