RAGE AGAINST THE MACHINE  "Rage Against The Machine"
   (1992 )

Un’iniezione di energia intramontabile, questa è la giusta definizione per un disco entrato nella storia. Il debutto omonimo dei Rage Against The Machine è ormai di un’altra generazione, ma sempre instancabile come i loro interpreti, e possiede il raro dono di poter essere ascoltato in ogni momento e con qualsiasi stato d’animo. Il suono è tutto da scoprire, si può soltanto accennare come mistura di rock, rap, funk e metal: l’importante è che conservi le capacità attrattive delle rime rap e la forza e l’energia del rock puro. Non ci sono scuse, lo si intuisce sin dall’inizio con “Bombtrack”, canzone a cui è inutile resistere, semplicemente travolgente e trascinante, un vero incitamento all’azione politico-sociale. La successiva “Killing in the name” è probabilmente il successo più famoso e amato dai fan di tutti i tempi, racchiudendo perfettamente la filosofia e lo stile del gruppo: un capolavoro di pause ed esplosioni, grida di rivolta e respiri profondi in un tutt’uno di basso e batteria meccanicamente fusi insieme e rinfoltiti dalla chitarra elettrica. Sempre più inconfondibile inizia poi a delinearsi lo stile del chitarrista Tom Morello, inventore di un nuovo genere di soli gracchianti e distorti che decollano ogni qualvolta l’incessante combinazione ritmica di sottofondo vi lascia spazio. Chiaro ed esemplare il caso di “Take the power back”, canzone più vicina alle sonorità rap grazie a una splendida base di basso slappato, ma che non si discosta mai dal rock aggressivo tipico e caratteristico della band. Con uno schema che si ripete molto spesso vengono sciolte le briglie alla chitarra dopo l’ultima strofa cantata, e largo al delirio. Dai toni più pacati e riflessivi è invece “Settle for nothing”, attenta al messaggio, mentre la successiva “Bullet in the head” è un crescendo irrefrenabile da un inizio rappeggiante e metallico verso una bruciante apoteosi finale. Sullo stesso binario viaggia “Know your enemy”, un pezzo carismatico e arrabbiato come sempre, mentre “Wake up” (colonna sonora finale del film “Matrix”) è davvero liberatoria e entusiasmante. L’intensità si calma con “Fistful of steel” che cova una rabbia metallica e sotterranea, ma la tensione risale con la coinvolgente e distruttiva “Township rebellion”, prima dell’esplosione finale di “Freedom”, contro la pena di morte e dedicata alla liberazione dell’attivista Mumia Abu-Jamal: una delle tante battaglie che il gruppo ha sempre sostenuto. L’intero disco è un tumulto, se volete buttarvi nell’onda procuratevelo alla svelta. (Federico Pozzoni)