MODERN TALKING "Universe (The 12th album)"
(2003 )
Quando il disco uscì, loro erano già proiettati a quello dell’anno successivo, quando sarebbero stati festeggiati i 20 anni dall’esordio fortunatissimo di “You’re my heart you’re my soul”, e ovviamente avevano in mente mille modi per celebrarlo. Però, per adesso, c’era questo da promuovere, mentre Dieter Bohlen sembrava sempre più interessato ad un programma televisivo chiamato “Deutschland sucht den Superstar” (una specie di remix tra “X factor” e “Amici”, per essere chiari) che non alla musica in prima linea: l’esordiente singolo “TV makes the superstar” ne era infatti buon testimone, mentre la formula Modern Talking andava avanti, senza mai rischiare di provocar infarti ai fans con modifiche nel proprio stile o inversioni di tendenza. “Mystery” ripartiva esattamente da dove era terminata “No face no name no number” qualche anno prima, “Blackbird” era l’ennesima canzone che rubava da altri il titolo (ah, poveri Beatles!), e l’aver limitato le tracce a solo dodici rendeva il disco meno titanico di altri. Discreto, se vogliamo, anche perché non c’era poi una vasta quantità di lenti diabetici come negli infestati dischi precedenti, ma era chiaro che si stava tirando la corda – già strapazzata oltre ogni possibilità logica nell’assurda ripetitività delle loro produzioni – fin troppo. Le classifiche, come sempre, si aprirono davanti al loro nome, ma ci si poteva chiedere fino a che punto si sarebbe potuto continuare: gli innamorati continuavano a comprare, pur riconoscendo che, forse, delle quasi 80 canzoni incise in 5 anni (!!!), almeno la metà erano superflue. E che magari, contraendo un po’ il tutto, se ne poteva far qualcosa di accettabile anche al di fuori del loro mondo di ipnotizzati da Dieter e Thomas. Ma qualcosa sarebbe successo a breve. (Enrico Faggiano)