TEARS FOR FEARS  "The seeds of love"
   (1989 )

Disco rimandato, rimandato e rimandato, con 4 anni e mezzo di distanza dal precedente che, nei frenetici anni 80, era qualcosa di simile ad un’era geologica. Il mondo era cambiato, ed era tutto da capire cosa avrebbero fatto, i Tears For Fears, dopo i successi precedenti: semplicemente, con questo disco chiusero gli eighties (e non solo, dato che a breve avrebbero divorziato) mettendo in musica tutte le contraddizioni e la bellezza, la bellezza e le contraddizioni, delle band del decennio all’alba dei ’90. Album costosissimo, pretenzioso forse per i tanti ospiti e gli arrangiamenti barocchi, che appunto giravano le spalle alla semplicità iniziale per guardare, confusamente, altrove. Eppure, di primo acchito mica male è, con “Sowing the seeds of love” che suona beatlesiana negli arrangiamenti e nel video e che pur lunghissima per gli standard radiofonici nessuno voleva tagliare per non interrompere l’emozione; “Woman in chains” che, con la voce di Oleta Adams, richiama al problema della violenza sulle donne, e “Advice for the young at heart” come unico singolo lasciato alla ormai sottomessa voce di Curt Smith. Però, chiusa la parte delle cose più commerciali, tutto il resto sembrava un mero esercizio di stile, a mostrare quanto fossero bravi e distaccati dalle iniziali sonorità in un momento in cui stava per abbattersi l’asteroide che mise tutto quel decennio atrocemente fuori moda. Si ascolta, eccome, ma non c’è niente che possa ricordare gli esordi del duo, alla ricerca di qualcosa che forse non gli apparteneva più: andò comunque molto, molto meglio di tanti altri dischi di fine ‘80s da parte di loro colleghi (i flop, per intenderci, degli Spands di “Heart like a sky” e dei Duran di “Liberty”) tanto per intendere che loro avevano molta più credibilità. Però, dopo, ci fu lo scioglimento: peccato. (Enrico Faggiano)