POVIA  "La storia continua... La tavola rotonda"
   (2007 )

Strana storia davvero, quella di Povia. Da illustre sconosciuto, il suo brano “I bambini fanno ooh…” viene notato da Paolo Bonolis, che lo porta al Festival di Sanremo, da lui presieduto, non come brano in gara (era già stato eseguito in pubblico) ma come semplice sigla di un programma umanitario a favore dei bambini del Darfur, collegato alla kermesse, e chiamato Avamposto 55. Il successo susseguente è semplicemente strepitoso: il singolo ottiene ben più successo di quelli sanremesi “veri”, arrivando ad un anno consecutivo di classifica e ben 7 dischi di platino per le vendite, un record ineguagliato ed ineguagliabile. Anche il relativo album (“Evviva i pazzi…”) va alla grande, al punto che, al Sanremo successivo, Povia partecipa davvero, ovviamente tra i Campioni, e, altrettanto ovviamente, vince il Festival, dimostrando per l’ennesima volta che Sanremo, spesso, paga con un anno di ritardo (com’era precedentemente accaduto a Vasco, Ramazzotti, Giorgia, Matia Bazar, Alexia, Avion Travel, e chi più ne ha più ne metta…). Per ragioni, però, abbastanza difficili da analizzare e capire, il brano in questione (“Vorrei avere il becco”), più che sancire la definitiva consacrazione di Povia, ne determina invece un offuscamento. Non tanto nelle qualità, che sono e rimangono davvero estese, quanto nel “favore di popolo”. Ed è un peccato, perché Giuseppe Povia è un talento vero. Il suo primo album conteneva gemme autentiche: non solo l’arcinota “I bambini fanno ooh…”, e la susseguente “Vorrei avere il becco”, ma anche “Il sesso e l’amore”, “Mia sorella”, “Ecco cosa c’è”, “Triste”… In verità, ogni singola canzone di quell’album era un potenziale singolo, era un bozzetto compiuto. Non sono passati nemmeno due anni, ma sembra trascorsa una vita, al punto che l’uscita di questo 2° lavoro di Povia è passata, colpevolmente, quasi sotto silenzio. Perché anche questo “La tavola rotonda” è un signor disco. Il cantautore milanese ha prodotto, un’altra volta, un lavoro variegato ma, al tempo stesso, straordinariamente uniforme: un disco valido e concreto, che porta nei confronti del suo autore paragoni eccellenti (e spesso vincenti) con altri grandi della musica italiana. Con una particolarità: pur giungendo al livello dei migliori autori, italiani e non solo, Povia è anche straordinariamente unico. Pensateci: la sua scrittura non è paragonabile a quella di nessun altro. Il suo stile, il suo tipico modo di esprimersi, sia dal punto di vista musicale che testuale, è sinceramente ed inequivocabilmente personale, introvabile presso altri, decisamente, giusto per ripetersi, unico. La sua facilità di scrittura è in effetti addirittura paradossale, se paragonata alla ricercatezza musicale e soprattutto testuale che c’è dietro ogni singolo brano. Prendete, ad esempio, ''E' meglio vivere una spiritualità'' (il primo singolo estratto), o ancora ''L'Amicizia'' (nuovo singolo), e sorriderete alla facilità con la quale queste musiche e queste parole vi penetreranno il cervello. In realtà dietro ogni singolo secondo di questo lavoro c’è un lavoro allucinante, una ricerca spasmodica di perfezione. Non cadete nei facili tranelli, ragionate con la vostra testa. Sarà una splendida esperienza. (Andrea Rossi)