THRESHOLD "Wounded land"
(1993 )
Gli inglesi Threshold, nonostante abbiamo fatto uscire dal '93 ad oggi una serie di dischi TUTTI interessanti, non sono mai riusciti ad andare oltre la considerazione di buona band di secondo piano. E questo è un peccato perché risentendo TUTTI i loro dischi con attenzione ci si accorge di come raramente abbiano prodotto musica scialba o poco ispirata, anzi la loro discografia è piena di bellissime canzoni e anche di piccoli capolavori... uno dei quali è appunto "Wounded land", disco d'esordio e da molti considerato come miglior prova dei nostri. Diciamo subito che la definizione di metal-prog è una definizione di comodo... qui non ci sono tecnicismi esasperati o parti strumentali intricate, che in quegli anni parevano essere le uniche prerogative di una prog-metal band (oltre all'uso delle tastiere)... l'accostamento al prog è lecito se ci si riferisce alla durata delle canzoni (ben 5 su 8 oltre i 7 minuti) e alla loro struttura - non sempre lineare - oppure alle innegabili influenze del gruppo rintracciabili, secondo me, sia nel prog più melodico dei 70's e 80's che - soprattutto! - nell'hard epico e cadenzato di gruppi come Black Sabbath / Deep Purple o, ad esempio, i Rainbow più epici. Quindi chitarre pesanti (ma che con gli album successivi diverranno ancora più dure...), tastiere che creano bellissimi tappeti, pur producendosi in efficaci assoli, e soprattutto la voce letteralmente fantastica di Damian Wilson, cantante straordinario con una timbrica atipica per il genere. "Consume To Live" apre le danze con un riff cadenzato che diverrà una sorta di marchio di fabbrica anche in futuro. Il tastierista si produce in un bellissimo assolo dal sapore dissonante/orientaleggiante e poi parte la strofa: basso e batteria a scandire il tempo e gli altri a creare l'atmosfera, con Wilson che inizia a lanciare appelli per la salvaguardia della Terra e a denunciarne il suo sfruttamento da parte dell'uomo (il disco è incentrato su questo argomento...). Il brano è bellissimo, coinvolgente e gli 8 minuti di durata passano in un baleno. "Days Of Dearth" è invece molto lenta ed epica con un'apertura in assolo - che si ripete alla fine di ogni... "ritornello"... - meravigliosa. Bellissimo nel corso di tutta la canzone - soprattutto nel finale - l'arrangiamento di tastiere da parte di Richard West che riesce sempre, anche con poche note, a conferire un incredibile profondità alle canzoni. I 10 minuti e passa di "Sanity's End" sono sicuramente tra i miei momenti preferiti dell'album. L'inizio è molto pomposo, con una sezione ritmica quasi ipnotica... dopo circa due minuti c'è un inaspettato rallentamento, parte un arpeggio di chitarra e Wilson fa venire veramente i brividi sia nel cantato rilassato che nel successivo crescendo. Un indiscutibile talento dotato di una stupenda e cristallina voce. Poi gli ingredienti rimangono gli stessi nell'arco del pezzo... nei minuti finali c'è spazio per interventi strumentali di rilievo con chitarra e tastiera che si alternano in assolo fino alla ripresa del tema iniziale. Grande pezzo, senza dubbio. Dopo tanta grazia è il turno di “Paradox”, la canzone più "normale" dell'album... normale nel senso che è una vera e propria canzone con tanto di strofa, bridge e ritornello... splendida, senza dubbio. Commovente Wilson nell'interpretare il bridge ("See the soil turn to dust / See the steel turn to rust / Killing all those he loves / Thanking god up above... The paradox of man"). Il testo è ovviamente una critica al comportamento dell'uomo... l'inizio dice "He makes big generators / Chewing up the atmosphere / He learns the secret of nature / Then destroys without fear". "Surface To Air" è divisa in tre movimenti: "Conception - Realization - Resurrection". Il primo è piano e voce... e non aggiungo altro!!! "Realization" si basa su un riff marziale di chiare radici non metal e sfocia in un finale stupendo con la voce malinconica di Wilson che vola sopra un bellissimo assolo di tastiera che lascia presto spazio ad una chitarra suonata veramente con sentimento. "Resurrection" è strana nel suo incedere... il finale prima tirato e poi con una tastiera molto malinconica invoglia ancora all'ascolto. Durissimo il riff iniziale di "Mother Earth", caratterizzata da un ritornello - ma è errato chiamarlo ritornello... - molto zeppeliniano... qui Wilson si ispira chiaramente a Robert Plant. I colpi di Tony Griham sul timpano scandiscono i primi momenti di "Siege Of Baghdad" prima che il "classico" - ormai si può parlare quasi di classico! - riff alla Threshold, cadenzato e "spezzato", dia il via alla canzone, bella... in linea con le altre. La chiusura è affidata a "Keep It With Mine": chitarra, voce e orchetrazione di tastiere "sotto"... vi sarà difficile trattenere le lacrime nei momenti tristi ascoltando questi due minuti e mezzo di autentica magia. Wilson ha una delicatezza nel cantare questo pezzo che sembra quasi chiedere il permesso per aprire bocca... Damian Wilson (vocals), Lon Jeary (bass, acoustic guitar, backing vocals), Tony Grinham (drums), Nick Midson (guitar), Karl Groom (guitar, bass pedals) e Richard West (keyboards, orchestration) sono gli autori di questo strabiliante disco che a dieci anni dalla sua uscita non ha perso un minimo della sua bellezza. L'immenso Damian Wilson uscì dalla band dopo questo lavoro per rientrare in occasione del terzo "Extint/Instinct"... tra le altre cose, oltre al teatro che pare essere la sua ultima occupazione, ha collaborato anche con Lucassen per il suo progetto Ayreon. (Massimiliano Dionigi – “Shapelesszine”)