PET SHOP BOYS  "Bilingual"
   (1996 )

Quella che era stata definita la loro "fase imperiale", quando cioè riuscivano ad entrare in classifica in qualsiasi momento e situazione - e far andare in classifica le loro protette - era per forza di cose finita. E loro stessi, ad un certo punto, si chiesero se non fosse il caso di cambiare mestiere e dedicarsi ad altro: la domanda restò nell'aria il tempo di ridersi addosso, e subito si tornò a lavorare. "Bilingual" uscì in un momento di forte cambiamento della musica inglese, con il britpop che la faceva da padrona, e con i gusti che parevano orientarsi verso tutt'altro. Loro non potevano certo distorcere i loro suoni (capita al massimo in una b-side, "The truck driver and his mate", ma poco altro) per inseguire la gallagheranza imperante: piuttosto, potevano provare a darsi ad un certo interesse per la musica latina, roba che però arrivò con un attimo di anticipo sui tempi discografici. Partendo da un singolo, "Before", obiettivamente tra i più deboli della loro intera discografia, questo disco trovò in "Se a vida è" canzone forse inedita per le loro sonorità, con percussioni a dare un tocco di esoticità al tutto e video dove, per l'ennesima volta, corpaccioni di maschietti e femminucce (più maschietti, invero) danzavano in una immensa piscina. Disco che ha momenti davvero interessanti ("Single", "Discoteca" e "Red letter day", tra le altre cose), o un lento come "It always comes as a surprise" che faceva restare a bocca aperta gli ascoltatori. Il problema resta sempre quello, ovvero riuscire a convincere la gente che non di musica facile facile e semplice semplice si trattava, e che anche il pop poteva essere gestito con quel tocco d'autore che lo rende sicuramente superiore a tante produzioni usa e getta. Solo che, tra le mille cose che potevano fare, ogni tanto qualche passaggio a vuoto si sentiva ("Saturday night forever" ad esempio), e per l'ascoltatore superficiale sembrava contare solo questo, ovvero la ripetitività dei momenti banali. Peccato. (Enrico Faggiano)