BOY GEORGE (JESUS LOVES YOU) "The martyr mantras"
(1991 )
Partiamo subito da un presupposto: lo scrivente è un appassionato del soggetto, e gli perdonerebbe qualsiasi cosa. Per cui il commento a questo disco potrebbe apparire, diciamo, figlio di un vizio di forma. Ma, se qualcuno vuole credermi, si affacci a questo disco, peraltro introvabile, ahinoi. Difficile, la vita di Giorgino nostro, una volta chiusa la vicenda Culturale: un disco anche di discreto successo solista, "Sold", che a dire il vero vendeva per inerzia, se non per compassione, poi due lavori ("Tense nervous headache" e "Boyfriend") tanto diversi tra loro quanto usciti in contemporanea, a spiazzare ancora di più la platea. Spaziando tra soul e techno, reggae e scena acid, era difficile seguirlo, specie quando cominciò, addirittura, a cambiar nome. Altro che Prince, TAFKAP e compagnia bella: lui iniziò a ribattezzarsi Angel Dust, More Protein, ma in particolar modo Jesus Loves You, nome del progetto dance che uscì, guarda caso, quando le voci di una reunion dei Culture Club cominciarono a spargersi, ancor più sottolineate dalla presenza dell'ex amatissimo Jon Moss, batterista dei CC, nel video di "After the love". L'album, tanto per confondere le idee, uscì sia a nome Boy George che Jesus Loves You: ma, se non altro, tra i solchi di confusione ce n'era davvero poca, perchè tutto era chiaro. La voce gli era rimasta calda, e i remix - Paul Oakenfold, in particolare - rendevano i pezzi forti, ritmati, ma con un cuore che pulsava dietro le drum machines. "Generations of love", forse, è il pezzo migliore della sua intera carriera, mentre "I specialyze in loneliness" è la perfetta colonna sonora di una separazione. "Se te ne vai non è un problema, sono abituato a stare da solo". Adatto al cuore e alle gambe, Giorgino nostro voleva poi mettere il mondo al corrente della sua nuova religione, lui figlio di irlandesi cattolici: "Bow down mister", che magari ricalcava un po' la quasi contemporanea "Song of indifference" di Bob Geldof, era un inno Hare Krishna che sarebbe piaciuto anche a George Harrison, tanto per intendere. Capolavoro se ce n'è uno, passato ad ogni modo inosservato. Ma, probabilmente, è l'album migliore nei 25 anni di vita musicale di Boy George: sai che roba, direte, ma merita un ascolto. (Enrico Faggiano)