BELINDA CARLISLE  "Heaven on earth"
   (1988 )

C'era fermento nell'aria. Madonna aveva aperto la strada, e non sapendo quali fossero le intenzioni della signora Ciccone in fatto di durata nelle classifiche, si cercavano in lungo e in largo possibili nuove paladine pronte a raccorglierne il testimone, in caso di caduta. Lei ci aveva già provato, sia con le Go-Go's che da sola, ma forse aveva qualche chilo di troppo per poter davvero diventare materiale da poster e, soprattutto, da immaginario collettivo. La ripulirono ben bene, e non solo con diete, e le costruirono attorno una immagine sbarazzina ma molto più soft di quella madonnara: e, magari, i suoi precedenti da ragazzina cattiva rimessasi a nuovo la rendevano ancora più allupante. Di certo, nel 1988, proprio mentre quell'altra si riposava e preparava altre cose, Belinda assunse il potere. Pop alla massima potenza, senza voler fare o dire altro più che "ascoltatemi, divertitemi, sognatemi, compratemi". C'era il suo bulbo rosso, a dire che il paradiso era un posto nel cuore, e c'era soprattutto un easy listening di matrice americana, forse una delle ultime produzioni prima che le tonalità black rendessero la sua musica fuori moda quasi nel giro di pochi mesi. Ma intanto si faceva guardare, eccome: chi, tra i maschietti dell'epoca, non ha sognato di sollazzarsi insieme a lei sulla spiaggia di "Circle in the sand" (qualcuno dice di no? Non ci credo). Purtroppo per lei, come detto, le cose vanno e vengono: due anni dopo cercò di cantare "tesoro lascia la luce accesa per me, ti farò felice appena torno", ma le abat-jours avevano già cambiato idea. (Enrico Faggiano)