SIMPLE MINDS  "Sparkle in the rain"
   (1983 )

Dopo svariati album con elettronica più fine a se stessa che parte di un tutto, erano riusciti a trovare una spettacolare quadratura del cerchio con “New gold dream”, clamoroso esempio di new wave ghiacciata ma, al contempo, romantica e intima fino al calore. Si aspettava il bis, ma “Sparkle in the rain” fu, ahinoi, la più gigantesca delle occasioni mancate. Vero che negli eighties ci stava, che un album fosse una raccolta di 3-4 canzoni da 45 giri, e tanti riempisolco. Ma Jim Kerr e compagni, in questo album, terminano il lavoro dopo metà del lato A. Infatti, dopo aver illuso il popolo con una serie da brivido (“Up on the catwalk”, “Speed your love to me” e “Waterfront”), il disco si pianta qua. La voglia di girare il vinile, o la cassetta – ah, che bello utilizzare questi termini, antichi come il “poffarbacco” – all’inizio c’è, perché comunque il disco è stato comprato. Ma, alla fine, ci si sente sazi con poco. L’idea del rigore sbagliato a porta vuota ci fu, anche se in seguito Lou Reed avrebbe perdonato gli scozzesini duettando con loro malgrado la non spettacolare cover di “Street hassle”. Ma l’Italia ai mondiali ’82 vinse malgrado Cabrini: anche per i Simple Minds ci sarebbe stata una seconda occasione. (Enrico Faggiano)