SOFIA HARDIG  "Lighthouse of glass"
   (2025 )

Lo so che sono innamorato di Lola Young, ma l'invocazione "Set free" di questa cantante dalla Svezia con furore potrebbe farmi cantare anche altro oltre alla solita "Messy" e cambiare idea.

Per fortuna in musica non esiste monogamia ma una varietà di affinità elettive e più o meno lunghe fedeltà, per citare il famoso saggio di Contini su Montale.

Qui al palato si sente un retrogusto potente di Patti Smith, di cui la nostra avrà financo le immaginette sotto il cuscino, e non solo nell'esercizio della voce, ma la ragazza ha da vendere energia e sa cosa dire e dirlo con autorevolezza.

Sofia Härdig è in circolazione da almeno un lustro ma ora alza l'asticella con un lavoro che rivela a ogni nota una ricerca e un gusto per il cesello che non sacrificano la creatività sull'altare della produzione piaciona. Anzi, qui siamo al succo della verità con una scrittura introspettiva ma viscerale, mai noiosa, con armonizzazioni e arrangiamenti che sanno di energia, capacità di immaginare e sostenere una architettura fuori dagli schemi.

Penso a "Collision", una delle cose migliori che abbia udito negli ultimi mesi, siamo a ogni pie' sospinto al cospetto di uno scarto dal solito sentiero, dove ti aspetteresti questo o quel motivetto. Viene in mente, per assonanza misteriosa, l'esperienza di una KD Lang, la libertà con cui David Bowie orchestrò il suo ultimo lavoro con sfumature jazz, e viene in mente anche "Punishing kiss" di un'artista peraltro culturalmente diversa come Ute Lemper.

Certo, si sentono anche tante altre influenze, da Pj Harvey a Nick Cave. Vedi ad esempio un brano come "Kind of light" o a "Crown", difficilmente classificabile in maniera univoca e unidirezionale, sono certo sideralmente più complessi e di qualità rispetto alla melassa che vi insufflano nelle orecchie per radio, insomma un disco così meglio goderselo da cima a fondo e basta.

Agli ascoltatori scegliere dove tendere l'orecchio. Nella canzone che dà il titolo all'album, ma anche nella citata ''Crown'', va sottolineato però che la cantante, da vera artista indipendente e consapevole delle proprie capacità, dà prova di spaziare anche nell'arte del crescendo, con una prova vocale di notevole spessore.

Voto 8 e mezzo e tanta voglia di sentirla dal vivo. Peccato che per quest'anno ho già prenotato Beth Gibbons a Milano... (Lorenzo Morandotti)