MAURIZIO CAMARDI & FRANCESCO GANASSIN "Il respiro di Giotto"
(2025 )
La Cappella degli Scrovegni di Padova è stato l'ambiente che nel settembre 2024 ha ospitato Maurizio Camardi e Francesco Ganassin. Il duo ha un progetto chiamato “Il respiro dell'arte”, dove i loro strumenti a fiato prendono spunto di volta in volta da Kandinsky, Mondrian, Matisse, Kahlo...
In questo caso l'ispirazione arriva chiaramente da Giotto, e la possiamo ascoltare nell'album “Il respiro di Giotto”, dove Camardi suona sassofono soprano e tenore, duduk e flauto armonico (quello senza fori), e Ganassin clarinetto, clarinetto basso, ocarina e ciaramella (che è una via di mezzo tra l'oboe e il punji indiano).
Entrambi fanno uso di un'elettronica essenziale, in alcuni brani come il suggestivo “Garnir”, per creare uno sfondo etereo. Alcuni brani sono da loro composti, e altri provengono dal mondo jazz, come “Black Danube” di Hamiet Bluett e “Witchi-Tai-To” di Jim Pepper. Privato del supporto ritmico della batteria e delle armonie di blues, il primo di questi due brani assume un aspetto diverso, ma non perde di groove grazie al senso del ritmo di Ganassin al clarinetto basso. Anche il secondo brano viene trasfigurato rispetto alla versione originale, dove Pepper imprimeva una parte vocale che testimoniava le proprie origini native americane. Qui resta solo il sentore blues, che con il blu stellato della Cappella devono aver creato una curiosa consonanza.
Dopo l'introduttiva “Il respiro dell'arte”, arriva una “Traditional Albanian Song”, di cui non si conosce l'autore, ed è costituita da due parti. La prima, più lunga, espone un tema vagamente malinconico, mentre la seconda diventa una danza che segue la scala maggiore doppia armonica.
Al centro di “Darlene”, si avvia un ritmo in staccato, sempre da parte del clarinetto basso, accompagnato da registrazioni di voci al ristorante, con tanto di rumori di posate. Sul ritmo di clarinetto, il sassofono suona con gentilezza ma con lo stesso atteggiamento in staccato, che dà un tono leggero e divertito alla composizione.
Suggestioni ambient provengono da “Sabbia”, con questi bordoni atmosferici che circondano il clarinetto come dune mosse. Tra arpeggi morbidi e una melodia tenera, “Il viaggiatore incantato” è tra i pezzi più dolci dell'esibizione dal vivo. Con questi suoni, i fortunati presenti nella Cappella quel giorno potevano seguire i cicli di affreschi e trovarci nuove corrispondenze. “Izmir” si muove con passi timidi su uno sfondo sonoro di onde del mare, mentre “Armaduk”, contiene stranamente dei suoni di synth bass pulsante, che accompagnano Camardi al sax soprano, mentre Ganassin arricchisce l'arrangiamento col clarinetto, che gradualmente si fa ancora più ricco, comprendendo accordi di pianoforte e pad. È un finale che non cresce mai di forza, resta sempre sul piano / medio piano, ma l'emozione arriva tutta.
Chiude l'album “Il respiro di Giotto”, che non fa parte della serata dal vivo. È un lavoro in studio, dove Camardi e Ganassin ricreano un clima simile, per accompagnare la voce dello scrittore Massimo Carlotto, che per l'occasione ha scritto un racconto, incentrato sul banchiere Enrico Scrovegni che incontra “l'allievo di Cimabue” e sulla difficoltà di vivere d'arte. “Il respiro di Giotto” è un piccolo viaggio a cavallo delle emozioni suscitate dagli strumenti a fiato, delicato e che richiede un ascolto contemplativo. (Gilberto Ongaro)