ARTISANS "Synthetic piss"
(2025 )
Piscio sintetico. Questo è letteralmente il titolo dell'album del collettivo lituano Artisans: “Synthetic Piss”, con tanto di copertina che mostra un collage di carte igieniche diversamente stampate. Cosa vi aspettate di ascoltare?
No, niente getti liquidi kink! Ma tanto (in)sano divertimento. Gli Artisans sono nati nel contesto di un corso di composizione dell'Accademia di Musica e Teatro della Lituania. Dichiarano un atteggiamento anti-romantico (se non si fosse capito) e sono contro il mito del compositore – genio, tanto che quando si esibiscono rinunciano a essere presentati con nome e cognome. Questo è filosoficamente bello.
Ma di che musica stiamo parlando? Allora, intanto tra gli strumenti dichiarati leggo un bel “PowerPoint” che mi lascia perplesso. È dadaismo puro. La prima traccia ha il titolo altisonante “Concerto for Timpano and Chorus – V”, e letto così ti immagini chissà che composizione corale e che sequenze di timpani. No. Il timpano compie rullate continue al massimo della velocità (probabilmente sono elettronici) e l'unica voce che si sente è un sinistro Vocaloid, come quello del famoso video creepy della bambola di “I feel fantastic” (https://www.youtube.com/watch?v=a6TdRD3moBk NON guardate se siete facilmente impressionabili).
“cOuNtdoWnS” inizia con un assolo di batteria, ma presto si rivela una catasta di cluster, improvvisazioni di fiati e interferenze, come quando la TV non prende e fa il rumore "sale e pepe". Al contrario, “Iš lūpų į lūpas” è una techno dritta col tunz tunz, suonata con armonica a bocca in maniera infantile e flauto dolce (quello da scuola) sforzato per ottenere note sgraziate. Un comportamento istintivo e liberatorio... forse per i musicisti! Noi possiamo ridere a crepapelle o fare dei facepalm sempre più forti... o entrambe le cose!
Eccoci alla titletrack. “Synthetic piss” è costruita inizialmente sulla batteria fintissima di una pianola giocattolo. I suoni di bassa qualità dialogano con gli strumenti “seri”. Verso la fine, il collettivo getta la maschera e si rivela capace di interplay e di suonare “a tempo”, in una fase finale dove si passa a una marcia colorata e divertentissima, con tanto di “cabaletta” finale.
“Diagnostikos centre” dev'essere un titolo scelto per fare del black humour. Il brano è sorretto da un drone fisso di organo, organo dal suono che ricorda certi lavori di Ligeti: sopra, una voce di bambino ci canta una filastrocca e il violino gli fa un controcanto disturbante. Il bimbo alla fine canta il titolo nel silenzio. Non voglio elaborare. Oh finalmente, con “Polka” gli Artisans ci concedono un pezzo “normale”. Una polka festosa con violino e flauti che armonizzano, e il contrabbasso che da bravo suona le note fondamentali in battere. La normalità non dura molto: alla fine la batteria parte con un ritmo da pop rock spedito, facendolo cozzare col resto!
“Cunty” alterna un collage di frammenti vocali impazziti alla batteria jazz e ai cluster di flauto e tromba, per finire in quello che sembra un didjeridoo. “22-M (Opus 58)” continua ad accostare fasi di montaggi sonori dadaisti e costruzioni orchestrali “normali”. Non sai mai cosa sta per succedere. Infine “Su gimtadienu” c'è l'ultimo gigantesco facepalm. Un minuto dove un ensemble di flauti dolci esegue una tenera marcetta sul primo e quinto grado dell'armonia, accostata a un'elettronica da deep house completamente slegata. Nel finale i flauti vengono completamente distorti mettendoli al massimo del volume (gli esperti di meme e YouTube Poop conoscono questa pratica come “ear rape”).
Gli Artisans fanno umorismo musicale senza sosta. Consigliati per chi ama la musica che non si prende sul serio, ma che al contempo sfrutta tutte le conoscenze e le avanguardie possibili, per fare del sano cazzeggio ad alti livelli! (Gilberto Ongaro)