OLOGRAM  "La mia scia"
   (2025 )

Prosegue il lavoro musicale degli Ologram con l’album “La Mia Scia”, che segue la precedente e apprezzata opera “La Nebbia”.

Si tratta di prog made in Sicily molto interessante, che non si ferma alle sonorità tipiche della prima epoca, ma ripropone il tutto in chiave più moderna...

D'altronde: perché il progressive non può progredire? Ok ai fraseggi all’unisono moog e chitarra, va bene ai continui cambi ritmici, ma poi ci vanno le idee, che in questo caso ci sono e sono otto.

Un intro vocale, dal titolo “22.43”, eseguito dal vocal lead Fabio Speranza e da Raffaele Schiavo, annuncia l’inizio del disco. Si parte seriamente con la seconda traccia “Kasbah” e la musica arriva: qua si assapora l’essenza della band che trasuda di sud e ispirazioni oltre Manica.

“Luna Piena” e “Non Sarai” aggiungono spunti sonori ricalcati dal Crumar Mojo (organo), già presente nella primo brano, suonato da Gabriele Agosta, e dalle note del basso di Dario Giannì, arricchendo ulteriormente la situazione musicale.

Con “Jacaranda” arrivano gli archi suonati da Matteo Blundo: un brano molto tranquillo con sonorità che arrivano a sfiorare quelle celtiche. Si sfuma a “Descent”, che sembra prendere in prestito il finale della traccia precedente, per poi consolidarsi in un’identità propria: è un brano strumentale.

“La mia scia”, la titletrack, esce dal mood dell’album, proponendo riff un po’ londinesi. Idem per “1997”, anch’esso brano più semplice ma con il finale che rientra nello stile dell’opera.

Per giustizia bisogna ricordare che la formazione ufficiale degli Ologram è composta, oltre che dai sopracitati Fabio Speranza e Dario Giannì, da Roberto Giannì alle tastiere, Lorenzo Giannì alla chitarra e Giovanni Spadaro alla batteria e percussioni. Ospiti Gabriele Agosta (piano Fender, Moog e Crumar Mojo), Matteo Blundo viola e violino e Raffaele Schiavo voce nel brano “22.43”. (Andrea Allegra)