ELSO  "Oltre"
   (2025 )

Già a partire dalla grafica presente sulla copertina, l’album “Oltre” di Elso – uscito il 21 marzo per Pioggia Rossa Dischi – invita l’ascoltatore a non fermarsi in superficie e a esplorare il mondo complesso che si apre davanti a chi decide di proseguire oltre la percezione iniziale.

Partiamo dal nome Elso: poco diffuso oggigiorno, quasi in disuso, è un nome che riporta nella memoria il passato, con i ricordi rassicuranti del periodo in cui il cantautore genovese Luca Cascella era piccolo e il suo caro nonno – il vero Elso, al quale con il suo nome d’arte Luca rende omaggio – era ancora vivo e rappresentava uno dei pochi riferimenti nella vita del ragazzo.

Insieme al nonno Elso, col passare del tempo sono poco a poco svanite anche altre illusioni di sicurezza, e la perdita forse più dolorosa per Luca è avvenuta in seguito allo scioglimento del legame tra i suoi genitori.

Tale episodio viene drammaticamente evocato nella focus track intitolata “Cazzo gridi?”, brano dal testo molto intimo, nel quale l’autore praticamente condivide con il pubblico il risultato del suo percorso di psicoanalisi: la scoperta del fatto che l’odio nei confronti dei suoi genitori fosse in realtà una forma di odio contro di sé e la conseguente decisione – espressa in questa canzone e in “La fine dei miei” – di perdonarli e di perdonarsi (“Ti chiedo scusa,/ Sai, la verità a volte non si vede,/ Era più facile mandarti affanculo/ Piuttosto che dirti “Ti voglio bene”; “Mi sono accorto che qualcosa non va/ Tra la mia testa e chi mi vuole bene./.../ Non odio più mia madre, né mio papà.”)

Ci permettiamo, a questo punto, di dubitare dell’efficacia del titolo “Cazzo gridi?”, non tanto per motivi etici, quanto per ragioni di marketing e visibilità. Vista l’importanza che questo brano ha nella comprensione generale dell’album e dell’universo psicologico dell’autore, sarebbe un peccato se la sua diffusione dovesse subire delle limitazioni per via del titolo… Speriamo che ciò non avvenga.

Con l’aiuto della psicoanalisi e grazie al suo personale impegno, l’artista s’incammina sull’arido sentiero della conoscenza del vero sé, cercando di eliminare le maschere e le azioni prive di autenticità. La frase “Non mi trucco più” che si sente verso la fine della title track “Oltre” è definitoria e va intesa in profondità, nel suo senso figurato e metaforico.

“In questo percorso ho imparato a guardare oltre. A pormi domande. Oltre le cose, oltre le apparenze”, dichiara Luca nella presentazione del suo disco, dandoci così una mano nel comprendere meglio anche il significato del disegno di copertina realizzato da D’aria Art: una bambina, con gli occhi bendati e con un’espressione del volto che tradisce rabbia e disperazione, colpisce una pignatta che somiglia a un mappamondo, come se colpisse il mondo intero per poter accedere ai suoi contenuti profondi, quindi per far uscire quello che si cela oltre la sua superficie.

Superficiale sarebbe anche il giudizio di chi, lasciandosi ingannare dalle sonorità elettropop e dai ritmi da discoteca, si affrettasse a considerare il disco “Oltre” un lavoro banale e di scarso valore. La realtà è che, su una base musicale apparentemente semplice e danzante, vengono articolati discorsi in rima ricchi di parole e di senso, con dei contenuti profondi ed elaborati. Possiamo dunque dire che la facilità d’ascolto della musica di Elso, lungi dall’essere un sintomo di appiattimento della creatività (come purtroppo oggi accade in tanti altri contesti musicali), è piuttosto un aiuto dato all’ascoltatore affinché si possa concentrare meglio sulla comprensione delle idee espresse nei testi.

I primi tre brani del disco – “Gentilezza”, “Milano” e “Trappola”– sono nati come singoli e si distinguono per i ritmi incalzanti e i toni acidi e incisivi di chi si ribella contro delle realtà difficili da tollerare. “Gentilezza” è una supplica per un mondo più gentile, appunto, e più attento alle sensibilità di ciascun essere umano (forse un po’ troppo focalizzata sul popolo italiano, considerato che gli atteggiamenti delle persone prescindono dalla nazione di provenienza); la canzone “Milano” spiega i motivi esistenziali per i quali Luca è “scappato” e si è allontanato dalla città natale trasferendosi nel capoluogo lombardo (fa emozionare soprattutto il “perché ho voglia di abbracciare chi piange con me”), mentre nel brano “Trappola” l’autore vuole probabilmente far notare il dispiacere che prova per la mancanza di fiducia nei suoi confronti da parte di una persona amata (molto bello in questa canzone l’ossimoro “Io continuo a SPERARE l’impossibile,/ Anche se sono DISPERATO”).

Il quarto brano, intitolato “La cosa giusta”, ci sorprende con la sua atmosfera meditativa: una canzone lenta con un testo che esprime la desolata nostalgia per un tempo passato, in cui si aveva ancora in mente l’immagine della perfezione: “Avevo un sogno e non lo vedo”; “Avevo un Dio con cui parlare”; “Disinnescavo la paura”... È presente anche l’idea del sacrificio in nome della giustizia: “La cosa giusta fa sempre male”.

La nostalgia delle illusioni del passato torna nel brano “La fine dei miei” (“La musica era ancora pura,/ C’era tempo e non avevo paura”). Dell’intero album, forse questo è il brano più equilibrato dal punto di vista melodico, che facilmente rimane impresso nella memoria, e nel suo testo si fa cenno alla precarietà dei legami di coppia e alla verità come valore di riferimento che compensa ciò che è incerto e passeggero. L’autore che fa anche da protagonista afferma di non poter promettere né un futuro, né una casa, né la fedeltà, per poi esclamare: “Io ti prometto la verità,/ Che faccia bene o che faccia male,/ Che sia gioia o che sia dolore,/ Ma quella fine non la voglio fare!”.

I brani “Quando morirò” e “Scusa” – come si può dedurre già dai loro titoli – sono delle confessioni, possiamo dire dei veri e propri bilanci esistenziali. In “Quando morirò”, ogni verso è carico di significato: dalla parafrasi iniziale, in cui il solito “Era un brav’uomo, salutava sempre” diventa “Che stronzo! Non salutava mai!”, fino alla finale assonanza “Sono un perdente, perdonami”, il testo esprime tante riflessioni sull’importanza dell’amore, delle piccole cose, del tempo trascorso “con i passi di chi va piano”, del rispettare “i sorrisi, sé stesso e le strette di mano”.

“Scusa” potrebbe essere definita, per quanto riguarda le sue caratteristiche ritmiche e melodiche, la “sorella musicale” di “La cosa giusta”; è quindi sempre una canzone lenta e riflessiva, il cui testo fa pensare alla verità e a come essa viene trattata nella vita quotidiana, all’amore per il prossimo, alla società altamente competitiva e prestazionale che non permette la comprensione del vero valore della vita.

Alla fine della canzone “Scusa” possiamo ascoltare un gruppo di quattro bellissimi versi sulla verità e un epilogo parlato che potrebbe rappresentare anche l’epilogo dell’intero disco. Concludiamo citandoli:

“Ma per non farmi male, ho detto un sacco di cazzate;
Ci vuole del coraggio per dir la verità.
La verità fa bene, ma è poco conveniente
Se parli con qualcuno che pensa solo a sé.
Tutte queste aspettative m’han rovinato la vita.
Non riesco più a godermi le cose semplici. Non riesco più a godermi le cose…
Bisogna sempre inventarsi, superarsi, arrivare, dimostrare di avercela fatta.
Non riesco più a stare nel presente... e non sto bene”
. (Magda Vasilescu)