PARCHMAN PRISON PRAYER  "Another Mississipi sunday morning"
   (2025 )

Due anni dopo, Ian Brennan ci riporta in prigione. Il grande penitenziario di massima sicurezza del Mississipi riapre le sue porte al producer, stavolta per quattro ore (di più rispetto all'altra volta), per raccogliere le voci di dodici detenuti che esprimono il proprio dolore e la propria speranza, la propria umanità, attraverso il canto, sempre su Glitterbeat Records.

Come nell'occasione precedente (https://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=10315), anche in questo caso le tracce sono soprattutto voci soliste nel vuoto. La forza del blues è sempre intatta, sempre autentica. Il disco si apre con un coro di mugolii su due note, il “Parchman Prison Blues”, che gradualmente dalle mmm passano alle vocali. Molto suggestivo. Si alternano standard gospel e soul a brani scritti di proprio pugno da chi si esibisce, come “MC Hammer” che è un rap, e “Talk me to the King”, del tutto sospirata sopra a delle percussioni.

Se si presta attenzione alle parole, vengono i brividi. Perché se un cantante qualsiasi può indossare una maschera e recitare un personaggio, qui sai che la voce che senti sta raccontando la sua esperienza reale, come “Living testimony”: “I could be dead gone (…) thank the Lord I'm still alive”. Molti parlano a Dio e a Gesù, la speranza non demorde e sopravvive alle sbarre.

Chiude l'album una session con basso, batteria e pianoforte, sul blues “Jesus will never say no”. Ed è difficile scrivere tante parole qui; le emozioni e la situazione restano immutate rispetto al racconto dell'altra volta, riportato al link qui sopra. Quello che cambia, e fa tremare a pensarci, è il contesto attorno, la realtà degli Stati Uniti di adesso, rispetto a quella di due anni fa, tra pazzoidi miliardari che ormai ammettono senza vergogna di badare ai propri interessi, e un bombardamento mediatico che non lascia distinguere ca...ate e verità.

Pensare alle condizioni di chi vive in galera adesso aggiunge un ulteriore sconforto, immaginando che la situazione possa ancora peggiorare, in un mondo in cui il divario tra ricchi e poveri non solo non viene combattuto, ma perfino difeso... Insomma, questi brani vanno ascoltati in silenzio, riflettendo sulla condizione di chi canta là dentro, e di chi ascolta qua fuori. (Gilberto Ongaro)