IFSOUNDS "Live in Teatro"
(2025 )
Ecco una casa di suoni e parole mai banali, una casa elegante, per palati raffinati ma non esclusiva, comoda, fatta per non dormire. Se vi entrerete, se vi saprete entrare, vi ripagherà. E potreste anche non uscirne più.
Giorni fa conversando con un patito di musica rock e pop estera ci si interrogava sul piattume generale italico, da cui si salvano solo alcuni nomi storici ormai datati e alcune produzioni indipendenti. Una delle vette di cui il Paese dovrebbe andare orgoglioso (ma dubito saranno invitati ad "Amici" o simili trasmissioni) sono gli Ifsounds, molisani da lunga data (chi l'ha detto che dal Molise non nasce niente?) impegnati sul fronte della musica di qualità assoluta grazie a una tecnica ineccepibile e a un invidiabile interplay che mescola cavalcate rock, lirismo, empiti progressive, canti gregoriani, intermezzi jazz e incursioni nei repertori classici.
Un successo, come usa dire con abusato aggettivo, "glocal" quello della band, che è ormai partito dal locale forte di una prospettiva internazionale e oltreoceano. Una carriera quasi ventennale, chapeau, con l'ottavo album in collezione che è un sintetico e poderoso live che conferma e ulteriormente irrobustisce il plauso meritatissimo per questa compagine che, con autorevole baldanza, si candida a essere una delle formazioni più originali della penisola, cantando sia in italiano che in inglese, tra cori e voci che strappano emozioni a ogni giro armonico.
Non poteva mancare in questa sorta di ''Ummagumma'' molisano (ma non c'è la parte in studio) la suite dedicata all'anno dell'horribile covid 2020, e che ha dato il titolo al precedente settimo album. Un ascolto assolutamente da non mancare, che esalta, non affatica mai, semmai indigna per il desolante vuoto che lo circonda, frutto di velocità consumistica.
Una musica, quella dei molisani, che difficilmente la cosiddetta intelligenza artificiale potrà imitare perché chiama a raccolta primariamente l'empatia con chi la ascolta. Senza il pubblico questa musica non esiste, proprio per il suo intrinseco valore. E infatti il disco dal vivo è "Live in teatro", con la piena consapevolezza del merito che si ha ad aver attinto ancora una volta, con la complicità del pubblico, a un repertorio che si nutre di radici antiche e sempre attuali come sono sempre i classici che, come dice George Steiner, hanno la capacità di leggerti dentro più di quanto tu credi di saperli leggere.
Aveva ragione Hans Robert Jauss quando inventò la teoria della ricezione nella sua "Apologia dell'esperienza estetica" (Einaudi).
Ovviamente è musica che pretende un impianto adeguato, non sognatevi neanche di ascoltarla con altoparlanti da citofono o cuffiette piene di cerume, in tal caso meritate il silenzio e la gogna del rumore asfissiante che passano il web e le radio, serve di un'epoca superficiale e consumistica figlia devota della quantità e non della qualità come diceva René Guénon. Voto 9. (Lorenzo Morandotti)