BLCKEBY  "My life could be a movie"
   (2025 )

Marco Diamubeni, in arte Blckeby, è un producer e DJ classe '91 che crea panorami musicali immersivi. “My life could be a movie” è un esempio autoprodotto di questi panorami. Dieci tracce dove perdersi tra suoni sintetici, beat avvolgenti ma mai aggressivi. Arpeggi zuccherati provengono da “Today I bought a bed”, mentre un vociare di bambini apre “Hospital”.

Il disco incrocia suggestioni personali condivise dall'artista verso gli ascoltatori con la voglia di farti indossare i suoi stessi occhi. Alcuni titoli sono significativi, come “Can't believe I'm here again”, o “Poor ugly happy”. Sensazioni contrastanti di essere bloccati in circolo, ma al contempo di felicità. “Where is M” apre il disco con suoni eterei e rotondi, accanto ad altri taglienti ma “smussati” nella produzione. Tutto è volto a cullare le orecchie, anche se a volume alto.

Un sogno un po' stordente: tempo e spazio si fondono in brani come “I'd spend my life in beginnings”, altro bel titolo. Mi ricorda dei versi di un cantautore friulano, Teo Ho, che canta: “Cambiare spesso aiuta a morire un po' dopo”. Giocare a ricominciare, a sentirsi sempre “all'inizio” di un nuovo progetto, di una nuova canzone, creare la sensazione di un'intro continua, senza mai esplodere in un “centro” che ci condurrebbe immancabilmente a una “fine”, dà l'illusione di dilatare il tempo.

“83 ur53LF” è una centrifuga di suoni sintetici, accompagnati da un loop di voce femminile altrettanto algido, e anche se l'atmosfera di “Don't hurt me” si fa più scura, è sempre una notte che abbraccia, mai che minaccia. Blckeby sembra suonare in maniera più ironica in “Today I bought a bed”, attraverso una melodia che glissa in maniera buffa (assalita poi da coloratissimi arpeggi). “Lentoviolento” spinge un po' di più sull'oscurità, con un rumore costante che ricorda certi spazi liminali, qui il confine tra relax e ansia si fa più sottile.

E infine “Jasmine” ci concede BPM più veloci, tramite un beat da jungle, però programmato sullo stick (bacchette sui bordi dell'ipotetico rullante), quindi anche nel caso di questo brano veloce, l'energia è trattenuta, mai sprigionata del tutto. Come in uno di quei brani “polverosi” (nel senso che a causa dello sbriciolamento percussivo sembrano fisicamente pieni di polvere, non nel senso che sappiano di vecchio) dei Radiohead in “Hail to the thief” del 2003.

Questo è il mondo onirico ed escapista di Blckeby. Se la sua vita può sembrare un film, con questi suoni dev'essere un film con riflessioni profonde ma ambientato in Groenlandia, come ad esempio “I sogni segreti di Walter Mitty”. (Gilberto Ongaro)