NEOS SAINT JUST (JENNY SORRENTI & TULLIO ANGELINI) "Néos Saint Just"
(2025 )
Fa un certo effetto il ritorno di un nome come Saint Just. Inoltre è passato molto tempo da quando la passione di Jenny Sorrenti per il folk inglese (Jenny è per metà gallese) le diede forza ed intuito per contribuire a dar corpo ai Saint Just, band tra le più significative del prog italiano.
Le musiche contenute in questo “come back” che gli autori hanno titolato ''Néos Saint Just'', sono un’ode al sussurro ed al cuore sensibile, facendo emergere il potere di un suono naturale quando tocca l’anima di chi lo ascolta.
Sicuramente certe emozioni si avvertono grazie alle frequenze di alcune onde sonore, ma la magia della voce di Jenny Sorrenti rimane intatta, oltre a possedere una qualità timbrica assai rara. Se poi si aggiungono anche le notevoli sensibilità e competenza messe a disposizione in questo disco dai restanti ed eccellenti musicisti, il potenziale ascoltatore si ritroverà ad affrontare un viaggio dalle forti connotazioni sensoriali ed introspettive.
Una canzone su tutte rimane a mio parere impressa nella mente, per la delicatezza della lirica e per il lavoro superbo dei musicisti coinvolti. Mi riferisco al tappeto sonoro delle tastiere di Alieno De Bootes che supportano un delicato suono di pianoforte di un ispirato Roberto Scarpa in ‘The Mirror Inside Me’. Un assieme che rafforza l’immagine onirica che scaturisce dal canto della Sorrenti, creando in questo modo un’atmosfera straordinariamente pacata e luminosa.
Così è anche la successiva ‘Hidden Things’, dove l’immagine che appare dal riflesso dei suoni fa pensare ad un mondo interiore che cerca un aggancio con quello esteriore, apparentemente lontano. Ma sono solo due episodi di un percorso che affiora e caratterizza questo lavoro.
A mio parere, con le musiche di ''Néos Saint Just'', la cantante napoletana riesce a trasmettere quello che è lei oggi, confermando un legame ed una certa inclinazione che da sempre ha verso l’avanguardia. Fin dal primo album dei Saint Just, oggi ritenuto tra i capisaldi del rock progressivo italiano, è presente questa propensione nell’andare oltre.
Pertanto, grazie al supporto creativo di Tullio Angelini e le sue elettroniche, l’album potrebbe essere definito come un inno moderno alle anime luminose, esplorando al contempo e senza vincoli le potenzialità della voce di Jenny.
Il disco è inoltre un complesso assemblaggio di suoni, fatto anche di qualche doveroso rimando al glorioso passato, individuabile in brani come il già citato ‘The Mirror...’ e ‘Sentire davvero’, peraltro l’unico brano cantato in italiano.
Il cosiddetto “nuovo” in un disco è sovente la risultante di indovinate ed inedite collaborazioni tra artisti, che riversano sulla musica la loro sensibilità e spesso la loro anima. Si consideri quindi che in questo album sono presenti pezzi d’anima di Robin Rimbaud, aka Scanner, alle elettroniche nel brano ‘Pneumatos’. Scanner è un musicista con un curriculum incredibile, che vede collaborazioni con Merce Cunningham, Radiohead, Brian Ferry, Michel Nyman e Laurie Anderson.
Poi c’è Kenny Wollesen, già batterista di John Zorn e collaboratore di grandi dell’arte musicale come Tom Waits, Bill Frisell, Sean Lennon, Norah Jones e John Lurie, nel brano che chiude l’album. A conferma poi di una considerevole proiezione di queste musiche verso l’avanguardia, l’album si arricchisce anche della presenza di due tra i più importanti musicisti della musica contemporanea.
Mi riferisco a Sylvia Hallett, giovane violinista inglese, che impreziosisce e lancia verso l’imprevedibile il brano ‘In The Presence Of The Entity’. Poi il connazionale Clive Bell, musicista e compositore, che colora l’atmosfera dello stesso brano con il Khene, uno strumento a fiato dal suono ancestrale proveniente dalla Thainlandia e dal Laos.
In breve, siamo in presenza di un disco che merita considerazione, atmosfere che valgono il tempo per interiorizzarle, se non altro come potenziale premio ad un lavoro di grandi musicisti. (Mauro Furlan)