LAVINIA MANCUSI  "A cruda voz"
   (2025 )

Uscito per Liburia Label, “A cruda voz” è il nuovo lavoro di Lavinia Mancusi. L'artista romana, cantante e polistrumentista, assieme al fisarmonicista e direttore artistico Mauro Meneguzzi e con Iacopo Schiavo, Renato Vecchio e Alessandro Chimienti, ci porta in una dimensione sonora inconsueta, per essere quella di un disco folk.

Mi spiego. Solitamente, quando ci troviamo di fronte a una produzione di musica popolare, si tendono a privilegiare scelte produttive che diano l'impressione di trovarsi ad un live: suoni secchi, arrangiamenti festosi che però restano “sotto” alla voce protagonista, in funzione di accompagnamento. E tante percussioni per ballare.

L'influenza della world music ha aumentato le possibilità di scelta degli strumenti a disposizione, e anche qui non mancano strumenti etnici distanti dal dialetto italiano di Mancusi: il mediorientale oud, la percussione andina bombo legüero e il surdo, tamburo brasiliano, anche se non manca il tamburo a cornice, diffusissimo nel Sud Italia. Però non si modifica la direzione espressiva.

“A cruda voz” invece fa un passo in più: i suoni della fisarmonica sono caricati di riverbero, e l'arrangiamento generale dei brani non sta “sotto” la voce, bensì alla pari. Non si nascondono i “trucchi” di studio, anzi vengono marcati. Tutti i suoni diventano così tridimensionali e le canzoni si trasformano in un'inaspettata esperienza immersiva, quindi anche da contemplare restando fermi.

Anche la voce viene valorizzata in maniera profonda, dando risalto all'approccio teatrale di Lavinia Mancusi, che brilla ad esempio tra le parti sussurrate e vibrate della traccia che unisce “Secondo coro delle lavandaie / Fenesta ca' lucive”. Questa veste crea una sorta di distacco surreale, come se i brani riflettessero su di sé, cercando di emanciparsi dalle proprie origini.

Non tutto il disco suona così sperimentale: “Lavoro tra li pecuri e li cani / tarantella dei baraccati” e “Montesicuro”, che chiudono il disco, recuperano un po' di vicinanza, ritornando ad avere quel sapore folk pieno di calore e di invito al ballo. Interessante ricerca, sia per quanto riguarda il repertorio, sia per l'esito di queste scelte produttive. (Gilberto Ongaro)