SANTINI / TROGI "Overlook hotel"
(2025 )
Gli autori toscani Manuel Santini e Marco Trogi, entrambi con alle spalle un curricolo ricco di pubblicazioni musicali e letterarie spesso premiate o candidate a dei premi, hanno messo insieme le
competenze e la creatività realizzando l’album di inediti intitolato “Overlook Hotel”.
Come confermato dai due, il titolo s’ispira all’hotel di cui si tratta nel celebre libro e relativo film “Shining”. Ma se ci permettiamo di portare la riflessione un po’ più avanti, osserviamo che “overlook” come nome significa “punto panoramico”, cioè un punto dal quale si può avere una larga e chiara prospettiva sul mondo circostante… proprio come accade nei testi delle otto canzoni presenti sul disco.
Musicalmente sono brani che toccano svariati generi, tra i quali il duetto sembra prediligere il jazz. Questo si sente già dal primo pezzo, dall’originale titolo “La peperonessa”, in cui la batteria con le sue spazzole e il sassofono creano una colorata e rilassante atmosfera.
È l’atmosfera di un amore robusto e un po’ ironico, che fa spostare la fantasia dell’ascoltatore dall’immagine dei fiori
(caratteristica dell’amore romantico) all’immagine dei ben più terreni ortaggi. In questa prima canzone, come anche in altre più avanti, si nota il piacere che gli autori hanno per i giochi linguistici. Dicono: “L’ortografia dell’orto sarebbe tutta da rifare,/ Ma lo sguardo attento e ardente da peperonessa no”.
L’ironia sull’ortografia tutta da rifare e il cambio di genere del
sostantivo “peperone” probabilmente alludono al continuo cambiamento e “perfezionamento” al quale oggigiorno sono costretti pressoché tutti gli ambiti della vita umana; un’idea, questa, che
verrà magistralmente ripresa e sviluppata nel quarto brano dell’album, intitolato proprio “Perché cambiare?”.
Dopo averci esaltato i sensi con gli odori e gli aromi dell’orto, Santini e Trogi ci prendono per mano e ci portano verso il secondo brano, “A dire il vero”, facendoci percepire un altro volto dell’amore, tutto diverso da quello presente in “La peperonessa”: il volto dell’innamorato sognante e malinconico, ma non privo di speranza, il volto di “quello che aspetta”, come direbbe Roland
Barthes in “Frammenti di un discorso amoroso”.
Gli accordi meditativi del pianoforte s’intrecciano con i suoni profondi della chitarra classica, mentre colui che canta si presenta all’amata “dietro quattro quinte sottili, dietro a un sipario”, “invisibile a tratti, un po’ ingombrante per altri”, sentendosi felice di essere una piccola parte dell’immensità (“Meglio goccia che oceano”).
La lunga attesa fa sentire l’innamorato “asciutto al vento come uno stendardo,/ Steso, così arreso e stanco di tutti i miei limiti”, per poi accontentarsi soltanto di un caffè in compagnia di lei (“Tanto, quel caffè da te me lo farò bastare”) e del suo odore (“Prestami ciò che vuoi, sì,/ Ma che almeno abbia il tuo odore”).
Nemmeno in questa canzone romantica, però, gli autori perdono il loro spirito ironico e nell’ultimo verso ci sorprendono con un audace doppio senso: “Eccomi! Farò presto, vedrai, se mi farai
entrare”.
Una canzone d’amore, accompagnata da delicatissimi accordi di pianoforte, è anche “Dall’altra parte del mare”, nella quale soltanto verso la fine dell’ascolto capiamo che è dedicata a un bambino neonato: cosa rara e apprezzabile di questi tempi, quando la nascita dei figli viene da non pochi considerata un freno alla realizzazione personale. Potenti ed emozionanti i versi “Ho paura che sia poco per le tue piccole mani che afferreranno questo mondo,/ Troppo poco per la tua immensa vita che è soltanto cominciata” e la conclusione “Sta tremando la Terra,/ Benvenuto fra noi, piccolo!”.
Il pezzo forte dell’album sembra essere “Perché cambiare?”, una specie di satira-manifesto in cui gli autori, attraverso delle metafore scherzose, passano in rivista alcune importanti caratteristiche della società attuale: l’omologazione delle persone (“E per non fare nessuna discriminazione,/Daremo a tutti lo stesso nome”); la moda dell’alimentazione “green” (“Carote, insalate, radicchio e rughetta,/ Abrogate per sempre lasagne e porchetta”); l’eccessiva disponibilità delle istituzioni
religiose ad accogliere le tendenze del mondo laico (“Concesso ai preti la minigonna/ Previo consenso scritto della Madonna”); l’abbandono delle tradizioni anche quando non sono dannose
(“Passeremo in pensione Babbo Natale,/ Alla NASA l’appalto per consegnare”); la sottomissione delle scuole ai mass media (“La Venier e la D’Urso in mondovisione/ Durante l’ora di Storia e
quella di Religione”); il paradosso tra l’abbassamento dell’età per ricoprire incarichi pubblici e il desiderio di rimanere giovani più a lungo possibile (“Senatori compiuti i 15 anni,/ Play station e sesso fino a 90 anni”); le misure omologatrici e talvolta eccessive nel campo ecologico e sanitario (“Per tutelare l’ambiente e la salute,/ Indosserete ognuno delle speciali tute/ Che saranno equipaggiate per decreto legge/ Con speciali filtri anti-scoregge”); e infine la “libertà” di scegliere il proprio genere e sesso (“E affinché anche il sesso sia ancor più bello,/ Vi doteremo di fica e di pisello”).
L’impostazione musicale del brano è ironica e originale non meno del testo poetico, passando in maniera naturale dal ritmo di marcia militare al ritmo di samba. Tra la prima e la seconda strofa è inserito, non casualmente, l’inizio dell’Entrata dei Gladiatori di Fučik: il famoso pezzo di fine Ottocento, nonostante sia stato dedicato a un’occasione solenne, in realtà viene usato per accompagnare gli spettacoli circensi… Insomma, non ci dobbiamo preoccupare – sembrano far intendere Santini e Trogi – perché tutto ciò alla fine è solo una pagliacciata.
Una profonda meditazione esistenziale è invece il testo della canzone “Passaggi a livello”, che fa riflettere sul significato dell’attesa e della speranza: “Pensa a quante volte sei costretto ad un’attesa,/ Fermo ad una sbarra/ Per un treno che non passa.../ Forse l’infinito è già alla porta, è lì che bussa,/ Ma dietro ad ogni ostacolo ci sarà sempre qualcosa”. Qui la presenza della chitarra elettrica porta delle sfumature rock, mentre il pianoforte in sottofondo mantiene il carattere filosofico del brano.
“Pescarancio” è un pezzo estivo, con tanto di ritmi medio-orientali, che trae ispirazione – come dichiarato dagli autori – da due gusti di gelato che si fondono insieme: “contaminazioni” gustative, ma anche sociali e umane. Il ritornello esprime un desiderio che diventa un richiamo all’apertura verso l’altro e all’accoglienza del diverso: “Dalle premesse di un verbo accanto,/ Vorrei che fosse di pescarancio l’umanità”.
L’atmosfera cambia radicalmente tra “Pescarancio” – brano fresco, ottimista e spensierato – e “Anche questo è amore”. In quest’ultimo viene esternata la tristezza straziante di un uomo
abbandonato dalla sua amata. Sono versi e passaggi melodici che ricordano i grandi cantautori romantici italiani di una volta, in cui si può facilmente rispecchiare chiunque abbia sofferto o soffra per l’allontanamento di una persona cara: “Camminare, lavorare, respirare come se/ Tu non fossi mai esistita,/ Sì, anche questo è amore”; “Pregherò per riuscire a diventare qualcun altro/ O perlomeno a fare finta di non essere me stesso”; “Sai, anche questo è amore: insultarti, disprezzarti, rinnegarti, maledirti, cancellarti dai contatti, afferrarsi per la testa e realizzare, accettare che sia arrivato ormai il momento di lasciarti andare via”.
E come se gli autori volessero lasciare al pubblico una porta aperta per desiderare altri loro futuri dischi, il brano conclusivo s’intitola “L’incompiuto” e fa riferimento alla celebre “Pietà” di Michelangelo realizzata con la tecnica di scultura chiamata appunto “il non finito”, e al “Petrolio”, romanzo incompiuto del grande Pasolini. La canzone invita l’ascoltatore a meravigliarsi di fronte a opere rimaste incomplete (o che lasciano una tale impressione), svolgendo così un’importante funzione educativa: “Mi sorprende l’insoluto/ Perché è solo parte del tutto,/ È un racconto, una novella,/ È inchiostro mentre sta finendo”; “Interrotto o distratto,/ È comunque rapimento”.
Tutto sommato, “Overlook Hotel” è un disco dal carattere colto e ricercato, ma che – grazie alla musica piacevole e alle note umoristiche, ironiche e a volte piccanti dei testi – ha delle buone probabilità di successo a un pubblico largo e variegato. (Magda Vasilescu)