FIDANZA JAZZ COMBO "Do si la sol fa sofà"
(2025 )
Abbiamo incontrato Fabio Fidanza col suo Jazz Combo riportare in vita i brani di Natalino Otto (https://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=11173), e ora da un disco omaggio passa a pubblicare un disco di inediti, “Do Si La Sol Fa Sofà”, che contiene dieci canzoni aperte da un breve preludio, tutte nel segno dello swing.
I testi sono conditi da un certo umorismo... Com'è quello schema generazionale che gira in questi mesi sui social?... “Boomer humor: I hate my wife. Millennial humor: I hate my life. Gen Z: Beesechurger”! (Che poi mi chiedo perché si dimentichino sempre della Gen X, quando fanno questi schemi...). Si potrebbe dire che l'umorismo di Fidanza costruisca un immaginario proprio vintage (quindi andiamo direttamente alla Silent Generation, i nati dal 1928 al 1945), anche se il quadrante a volte si sposta proprio sul cliché della moglie insopportabile, con “Frigidaire”: “Io vorrei frullare te (…) salto come Fred Astaire, metto te nel frigidaire”.
La leggerezza della musica impedisce di prendere sul serio le parole. Fidanza imita pure la vocina femminile della mugliera, definita “sciura” nel brano successivo “Il cantore tibetano”, dove pare non gradisca il suo ritmo scivoloso (swing), pertanto si cimenta nel canto diplofonico (quello che in Italia abbiamo conosciuto grazie soprattutto a Demetrio Stratos).
Ironia e buonumore vanno per la maggiore nell'album, che inizia con una dichiarazione d'amore verso... “La tazzina di caffè”: “Non sei piena di te, tazzina di caffè (…) Sorsi neri caldi pieni tu mi dai, sveglierai anche oggi (…) un banchetto senza te è una luna senza il ciel, non dormirò, eppur ti sognerò”. “L'armadio” e “La piega” spostano l'attenzione sull'abbigliamento, facendo della musica anche una questione di stile: “Che gaudio viver dentro l'armadio, ci son 23 giacche 50 cravatte ed un cappello blu (...) Qui, là, tu scivoli su, giù, tu scorri tra i miei gilè, colletti e sui calzini”.
“La multa” conferma la volontà di spedirci indietro nel tempo. Racconta un viaggio in macchina, correndo per raggiunger l'amata, e la benzina costa “Dieci lire”. Ma una “Giulietta bianca e blu” lo ferma. La polizia lo multa per eccesso di velocità: “Lire venti ha da pagar”! Da segnalare il pregiato calembour: “Sembra quasi di volar... e come Tazio inizio a Nu-volar”.
Dalle quattro ruote passiamo alle due ruote con “La vespa”, altra icona tricolore, e qui come approccio siamo proprio in zona Paolo Conte, raccontando di un guasto: “Io mi fermo qua, sembra borbottar, a due passi dal crinal, smette di trottar. Sulla pedivella balzo come un saltator, sperando di riaccendere il motor”. Il brano è accompagnato da violino, viola e violoncello, che se all'inizio si comportano come un classico quartetto (trio?) da camera, poi invece iniziano a strofinare le corde per imitare il motore ingolfato, con frenesia futurista.
Si ritorna nel freezer (o pardon, nel frigidaire) con “Cirio”, che potrebbe sostituire “La terra dei cachi” di Elio e Le Storie Tese nell'ultima campagna pubblicitaria dei pelati. Termina l'album una dedica a “I fratelli Gerswhin” e all'oggetto cardine di tutto il disco: “Il sofà”. Perché questo è un disco “comodo”, una comfort zone rassicurante da raggiungere in una domenica mattina piovosa, appoggiando all'attaccapanni gli impermeabili. (Gilberto Ongaro)